Le ultime novità per il superbonus 2024 sono arrivate con il nuovo decreto approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 26 marzo. Tra gli interventi, l’eliminazione della cessione del credito e lo sconto in fattura per gli interventi successivi all’entrata in vigore del decreto, che si aggiungono ai divieti già previsti dal decreto Blocca Cessioni.

Sono inoltre state stabilite misure per acquisire maggiori informazioni sulla realizzazione degli interventi agevolabili. Per il mancato invio dei dati sugli interventi è prevista una sanzione amministrativa di 10.000 euro, nel caso di interventi già avviati. In presenza di nuovi interventi, invece, è stabilita la decadenza dall’agevolazione.

Compensazione sospesa in caso di debiti con lo Stato

Un’altra novità in arrivo è la sospensione della compensazione in presenza di debiti con lo Stato di importo superiore a 10.000 euro.

Alle ultime novità si affiancano poi quelle già previste dall’intervento dell’Esecutivo della fine dello scorso anno. Per le spese sostenute nel 2024 è stato stabilito un contributo a fondo perduto a copertura della riduzione dell’agevolazione. L’accesso alla somma è previsto nel rispetto di determinati requisiti reddituali e di avanzamento dei lavori: reddito inferiore a 15.000 euro, raggiungimento di almeno uno stato di avanzamento del 60% al 31 dicembre 2023.

A chi spetta l’aliquota al 110%?

Dal 1° gennaio scorso sono state diverse le modifiche in relazione alle aliquote del superbonus.
Per le spese relative al 2023 l’agevolazione è stata riconosciuta nella misura del 90 o del 110 %. Per i condomini la misura della detrazione verrà ridotta all’aliquota del 70% nel 2024 e scenderà ulteriormente al 65% per il 2025. Per villette e le unifamiliari, invece, la possibilità di beneficiare del bonus edilizio si è conclusa con la scadenza del 31 dicembre 2023.

Alcune eccezioni riguardano gli interventi di riparazione o ricostruzione a seguito di eventi sismici e dei lavori in cui i soggetti sono enti del Terzo settore che esercitano servizi socio-sanitari e assistenziali.
Per tali categorie l’aliquota del 110% si potrà applicare per le spese sostenute non solo nel 2024 ma anche entro il 31 dicembre 2025.

Le scadenze in calendario

La scadenza più importante è quella del 4 aprile, il termine relativo alle comunicazioni all’Agenzia delle Entrate delle opzioni per le spese sostenute nel 2023 o per le rate annuali riferite a interventi realizzati negli anni precedenti.
Un’altra scadenza in calendario è quella del 31 dicembre 2024. I condomini che vogliono mantenere la detrazione al 70% devono concludere i lavori entro la fine dell’anno.

Un’ulteriore termine in calendario, riferisce Adnkronos, riguarda il contributo a fondo perduto, previsto a determinate condizioni, per le spese sostenute a partire dal 1° gennaio scorso. Tali spese dovranno essere sostenute entro il 31 ottobre 2024.
Sarà invece inserito in calendario il termine per l’invio delle domande per accedere a tale contributo, data che deve ancora essere stabilita.

La Milano Fashion Week rappresenta un evento di grande richiamo che ogni anno attira sotto la Madonnina migliaia di visitatori da tutto il mondo. Nel 2023, secondo le stime dell’Ufficio Studi di Confcommercio Milano, Lodi, Monza e Brianza, la kermesse ha generato un indotto di oltre 70 milioni di euro.

La vasta gamma di eventi, sfilate e presentazioni non solo incrementa le presenze di visitatori in città, ma stimola anche la domanda di professionisti del settore. ProntoPro, uno dei principali marketplace per servizi professionali, ha infatti rilevato un notevole aumento delle richieste di figure professionali durante la fashion week.

I driver sono le figure più ricercate

Nella settimana della moda e quella precedente, il servizio più richiesto su ProntoPro è stato l’autista privato, con il 61% delle richieste, seguito da una significativa crescita della domanda di DJ, che passa dal 5% dell’anno precedente al 16%. Al terzo posto si colloca il servizio di catering, mentre i videomaker e i fotografi per servizi fotografici condividono il quinto posto con il 5% delle richieste ciascuno. Nella classifica specifica per Milano, il trend è simile a quella nazionale, con l’autista privato al primo posto (63%) durante la fashion week, seguito dal fotografo per servizi fotografici al secondo posto (11%). Catering (9%) e videomaker (8%) occupano rispettivamente il terzo e il quarto posto.

I creator digitali? Si cercano soprattutto a Roma e Milano

Le ricerche di professionisti nella creazione di contenuti visuali si concentrano principalmente su Milano e Roma durante la Fashion Week, con la prima che totalizza il 15% e il 10,5% delle richieste nazionali per fotografi e videomaker. Roma, sede di importanti maison di moda, contribuisce per questi due servizi rispettivamente con il 20% e il 13,5%.

Il “listino prezzi” dei vari servizi

Quanto ai costi, durante la Fashion Week milanese, l’autista privato parte da un minimo di 60 euro per gli spostamenti in città e 70 euro per i trasferimenti da e per l’aeroporto. Il catering richiede un budget a partire da 40 euro a persona, mentre make-up artist e parrucchieri variano tra 50 e 65 euro l’ora. Fotografi (150 euro), DJ (180 euro a evento) e videomaker (300 euro a evento) presentano spese più elevate, ma questi sono solo i minimi tariffari, soggetti a variazioni in base alle esigenze, al lusso richiesto e alla personalizzazione del servizio.

Il 2023 è stato scelto dalla Commissione Europea come ‘L’anno europeo delle competenze’. Questo, dovrebbe contribuire a dare slancio al raggiungimento degli obiettivi sociali della UE per il 2030, che promuovono il coinvolgimento di almeno il 60% degli adulti in attività di formazione e mirano a fornire competenze digitali di base ad almeno l’80% degli adulti europei.

In questo contesto giocano un ruolo fondamentale le piattaforme per migliorare e sviluppare le skills in abito tech. L’obiettivo, è arricchire il percorso di carriera professionale e far crescere la propria azienda. Learnn ha svolto un’analisi interna sui trend relativi al settore del lifelong learning nel 2023. E le aree più seguite sono state quelle relative all’Intelligenza artificiale e al Social Media Marketing. 

Da ChatGPT all’e-commerce

Sulla piattaforma Learnn nel 2023 i corsi più ricercati sono stati quelli su AI e ChatGPT, Instagram, Facebook Ads, Graphic Design con Canva, Fotografia con Smartphone, Google Ads, LinkedIn Content, Excel, Copywriting e SEO.
Questi dati permettono di comprendere che le aree più seguite nel 2023 sono state quelle relative all’Intelligenza artificiale, con un particolare focus su ChatGPT, e al Social Media Marketing, con un forte interesse anche per il design e la creatività.

Di particolare successo è stata poi l’area che esplora il potenziamento di competenze specifiche per il business, per l’e-commerce e lo sviluppo personale.

Chi ha seguito i corsi?

Il target dei professionisti per età va da 25 a 45 anni. Include neo-laureati, o prossimi alla fine degli studi universitari, o chi ha maturato diversi anni di esperienza, ma sente il bisogno di affinare e aggiornare le competenze. La necessità è rimanere competitivo e seguire lo sviluppo delle nuove tecnologie. In particolare, si tratta per il 33% di lavoratori dipendenti, per il 34% di freelancer, per il 25% di imprenditori e per l’8% di studenti, con una maggioranza femminile di iscritte (circa il 52%). 

“In generale, si può dire che il mercato della formazione durante l’anno passato abbia richiesto più praticità, tutorial e strategie step-by-step spiegate da esperti del settore”, commenta Luca Mastella, CEO e founder di Learnn.

Le previsioni per il 2024

Secondo Learnn, durante il 2024 si rafforzerà ulteriormente l’interesse per AI e tecnologie emergenti, oltre a confermarsi l’attenzione verso il Digital Marketing.
Secondo gli esperti ci sarà poi un particolare coinvolgimento nei corsi di programmazione per i non-programmatori, ma anche una crescente domanda di competenze in e-commerce e business online.

Tra gli obiettivi, intensificare le aree che coinvolgono le competenze digitali (social/content, advertisement, strumenti, innovazione, AI), le soft skills (negoziazione, leadership, gestione dello stress, identificazione degli obiettivi, focus, produttività, comunicazione nel team, motivazione), ma anche le professional skills, come personal branding, comunicazione digitale, monetizzazione, fiscalità, comunicazione con il cliente finanza personale, e trovare lavoro.

Il 2023 ha rappresentato un deciso spartiacque in merito all’impatto che ha avuto la pandemia di Covid-19. Da quest’anno, infatti, c’è stata una graduale diminuzione della sua rilevanza nelle politiche governative e nelle percezioni delle persone.
La dichiarazione da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità il 5 maggio, che ha annunciato la fine dell’emergenza sanitaria legata al virus, ha contribuito a questo cambiamento.

Escalation per le tensioni geopolitiche

Se da un lato si è assistito a un assestamento delle crisi sanitarie, dall’altro si è verificata un’escalation delle tensioni geopolitiche, in particolare con l’invasione russa dell’Ucraina e lo scoppio del conflitto israelo-palestinese.
Nel frattempo, i fenomeni meteorologici sono diventati più imprevedibili, con un aumento delle temperature estive in molte parti del mondo, indicando possibili peggioramenti legati al riscaldamento globale. Le catastrofi naturali hanno causato disagi diffusi in diverse regioni, come Turchia, Siria, Marocco e Afghanistan, sottolineando la costante minaccia delle crisi ambientali.

OpenAI domina le novità tecnologiche

Il panorama tecnologico nel 2023 ha visto significativi progressi, con OpenAI che ha giocato un ruolo chiave nella trasformazione dell’Intelligenza Artificiale, influenzando il modo in cui interagiamo con la tecnologia.

Per comprendere come tutti questi avvenimenti globali abbiano influenzato la percezione individuale, Ipsos ha condotto un sondaggio internazionale coinvolgendo oltre 25.000 persone in 34 paesi, inclusa l’Italia. I risultati mostrano che, nonostante una leggera riduzione rispetto al 2022, più della metà delle persone (53%) descrive il 2023 come un anno negativo per sé e la propria famiglia, e il 70% lo considera negativo per il proprio paese.

Rosee le aspettative per il 2024

Tuttavia, le aspettative per il 2024 rivelano un aumento dell’ottimismo globale, con il 70% delle persone nel mondo che prevede che sarà un anno migliore del 2023. Questo dato è in crescita rispetto al 2022, indicando un possibile ritorno ai livelli di ottimismo osservati negli ultimi dieci anni.

Le preoccupazioni economiche per il 2024 persistono: ben il 70% degli intervistati prevede un aumento dell’inflazione e dei tassi di interesse. Tuttavia, si osservano segnali positivi in alcuni paesi europei, incluso un miglioramento delle percezioni sull’inflazione in Italia.

La sicurezza è un tema centrale

Le incertezze sulla sicurezza globale nel 2024 emergono, con meno della metà delle persone che si aspetta una conclusione della guerra in Ucraina. Le preoccupazioni sull’Intelligenza Artificiale e sugli impatti di un possibile asteroide rimangono costanti, mentre aumenta l’ansia per il cambiamento climatico.

Infine, nella società del 2024, i cittadini prevedono un aumento dell’immigrazione (ma anche il ritorno in uffici fisici), mentre le prospettive sulla parità di retribuzione tra uomini e donne sono ancora oggetto di dibattito, con numeri più alti a livello globale rispetto all’Italia.

Il 2023 ha visto un notevole incremento nei pagamenti digitali per le utility italiane, con un valore di transazioni che si avvicina ai 20 miliardi di euro nei primi dieci mesi dell’anno. Questi dati sono stati resi noti da PagoPA, la società che gestisce la piattaforma omonima di pagamenti digitali, e sono stati elaborati da Adnkronos.
Nel complesso, la piattaforma ha registrato 319,6 milioni di transazioni da gennaio ad ottobre, con le utility che rappresentano una significativa quota del 37,1%.

I dati di PagoPA

Attualmente, circa 700 società nel settore delle utility, tra reseller e distributori, hanno aderito alla piattaforma PagoPA, offrendo ai propri clienti un maggiore numero di canali per gestire i pagamenti delle utenze. Queste aziende operano nel settore dell’energia, del gas, delle telecomunicazioni, dell’acqua, del trasporto pubblico e altri servizi su tutto il territorio nazionale.
L’adesione a PagoPA rientra in una strategia più ampia di digitalizzazione dei servizi, finalizzata all’ottimizzazione dei processi e al miglioramento dell’offerta per gli utenti finali.
Nel 2022, le utility hanno totalizzato oltre 120 milioni di transazioni su PagoPA, con un controvalore di 20 miliardi di euro. Nel periodo da gennaio a ottobre 2023, il numero complessivo delle transazioni è stato di 118,6 milioni, con un valore transato di 19,6 miliardi di euro.
La crescita è evidente, con un aumento del 11,9% nelle transazioni di ottobre 2023 rispetto allo stesso periodo del 2022.

Luce e gas rappresentano il 61,4% del totale

Le utilità luce e gas rappresentano il 61,4% del totale delle transazioni, seguite dalla telefonia con il 15,1% e dai servizi idrici con l’8,7%. Ogni mese, in media, circa 570 utility incassano pagamenti tramite PagoPA, in aumento rispetto alla media di 488 utility attive nel 2022.
Alcuni case study condotti tra le società del settore utility che utilizzano PagoPA hanno evidenziato i vantaggi percepiti. Le aziende hanno riscontrato una migliore gestione dei flussi di pagamento, la riorganizzazione dei processi interni in funzione dei canali digitali e un miglioramento complessivo dell’esperienza utente per i consumatori finali.

I vantaggi per i clienti

PagoPA offre alle utility la possibilità di fornire ai propri clienti un’ampia gamma di opzioni di pagamento attraverso circa 400 Prestatori di servizi di pagamento (Psp) presenti sulla piattaforma, senza la necessità di firmare accordi separati con ognuno di essi.
Ciò è conforme ai regolamenti dell’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (Arera), che richiedono ai gestori di garantire agli utenti finali la massima flessibilità nelle modalità di pagamento.
Gestione dei pagamenti più efficiente Gli importi corrisposti tramite PagoPA vengono riversati già il giorno successivo alla transazione, offrendo un flusso di rendicontazione entro i due giorni successivi al pagamento. Ciò consente alle utility e agli enti creditori una gestione più efficiente dei flussi di pagamento. L’esperienza utente semplificata e intuitiva su tutto il territorio nazionale contribuisce ulteriormente all’adozione diffusa della piattaforma.

Dopo il picco della pandemia, e la graduale riduzione negli ultimi due anni, nel 2023 i lavoratori da remoto in Italia si assestano a 3,585 milioni. In crescita rispetto ai 3,570 milioni del 2022, e ben il 541% in più rispetto al pre-Covid.
Insomma, nel nostro Paese lo smart working si consolida e torna a crescere, Nel 2024 si stimano 3,65 milioni di smart worker.

Nel corso del 2023 i lavoratori da remoto sono aumentati particolarmente nelle grandi imprese, dove rappresentano oltre un lavoratore su due (1,88 milioni), e lievemente anche nelle Pmi (570mila), dove rappresentano il 10% della platea potenziale.
Sono invece diminuiti nelle micro imprese (620mila, 9% del totale) e nelle PA (515.000, 16%).
Emerge dall’ultimo Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano.

Più presente nelle grandi imprese, meno nelle Pmi

Oggi il 96% delle grandi imprese applica iniziative di smart working, in larga parte con modelli strutturati, e il 20% è impegnato a estenderne l’applicazione anche a profili tecnici e operativi precedentemente esclusi.

Lo smart working è presente anche nel 56% delle Pmi, dove viene spesso applicato con modelli informali gestiti a livello di specifici team.
Viene poi adottato anche dal 61% degli enti pubblici, con iniziative strutturate presenti soprattutto nelle realtà di maggiori dimensioni.

Tutte le grandi imprese prevedono di mantenerlo anche in futuro, solo il 6% è incerto.
Al contrario, il 19% delle Pmi non sa come, o se, lo smart working verrà previsto in futuro.

Gli smart worker abbandonano le città

Grazie alla diminuzione degli spostamenti e il minor uso degli uffici lo smart working ha effetti importanti sull’ambiente, ma non solo.
Lo smart working ha effetti anche sul mercato immobiliare.
Il 14% di chi lavora da remoto ha cambiato casa o ha deciso di farlo, spesso scegliendo zone periferiche o piccole città alla ricerca di un diverso stile di vita, con un effetto di rilancio per diverse aree del paese.

Un cambiamento che ha generato iniziative di marketing territoriale e nuovi servizi, come nuove infrastrutture di connettività o spazi coworking. D’altronde, il 44% di chi lavora da remoto l’ha già fatto, almeno occasionalmente, da luoghi diversi da casa propria, come spazi di coworking, altre sedi dell’azienda o altri luoghi della città.

Ma non sempre il work è davvero smart

Non sempre però il lavoro da remoto porta a modelli realmente ‘smart’. Sono solo i ‘veri’ smart worker, ossia quelli che oltre a lavorare da remoto hanno flessibilità di orari e operano per obiettivi, a presentare livelli di benessere ed engagement più alti dei lavoratori tradizionali in presenza.

Tuttavia, sono anche più frequentemente vittime di forme di tecnostress e overworking.
Un ruolo fondamentale è quello dei manager. I lavoratori con un capo realmente ‘smart’, che assegna obiettivi chiari, fornisce feedback frequenti e costruttivi, favorisce la crescita professionale e trasmette gli indirizzi strategici, presentano livelli di benessere e prestazioni migliori rispetto a quelli i cui capi non hanno queste caratteristiche.

Nonostante l’uscita dalla crisi pandemica, a causa delle pesanti dinamiche inflattive, che impongono ai consumatori un ridotto potere d’acquisto causato dall’aumento generalizzato dei prezzi, la ripresa rallenta.
Di fatto, complice l’inflazione, aumenta la spesa per la maggior parte dei comparti del settore Non Food, che nel 2022 supera il giro d’affari realizzato nel pre-pandemia crescendo del +4,3% e raggiungendo 109,3 miliardi di euro.

Ma se il tasso di crescita resta inferiore a quello registrato nel 2021 (+12,0%) la tendenza positiva nel medio periodo (2018-2022) registra un aumento a valore pari a +6,0%. Lo rileva l’edizione 2023 dell’Osservatorio Non Food di GS1 Italy, che raccoglie le evoluzioni di 13 comparti non alimentari.

Come rispondere alla morsa del carovita?

In risposta alla morsa del carovita, sulla scelta del punto vendita dove fare gli acquisti non alimentari un ruolo di crescente importanza è giocato dal fattore convenienza, che spinge gli italiani ad approfittare di offerte e promozioni, soprattutto presso le grandi superfici specializzate, le grandi superfici alimentari e l’e-commerce.
Ma i consumatori cercano anche canali più ‘economici’, come i factory outlet, i discount o i mercatoni.

Questa attenzione al risparmio comporta anche la monetizzazione dell’usato (in particolare, tramite le piattaforme web), la riscoperta del fai da te e l’adesione ai diversi bonus e agevolazioni fiscali, come quelli destinati all’ambiente domestico.

Consumi non alimentari: +13,8%

Se i consumi totali delle famiglie anche nel 2022 mostrano una dinamica espansiva (+13,4%, pari a 1.166 miliardi di euro), è positivo anche il trend relativo ai soli consumi non alimentari, che incidono per il 15,7% su quelli complessivi, e in un anno aumentano del +13,8%.
Con oltre 22 miliardi di euro annui di sell-out, l’elettronica di consumo mantiene la leadership tra i 13 comparti analizzati, pur avendo registrato un calo di -1,5% del fatturato a valori correnti rispetto al 2021.
Contrazione del giro d’affari anche per casalinghi (-4,0%), giocattoli (-2,4%) ed edutainment (-1,1%).
Vendite in robusta crescita, invece, per il secondo comparto a valore, abbigliamento e calzature (+9,2%, 21,8 miliardi di euro), seguito dal tessile, (+7,3%), e articoli per lo sport (+4,5%).

L’effetto positivo di bonus e incentivi 

Il 2022 conferma poi la ripresa della cancelleria (+6,0%) e registra il boom dei prodotti di automedicazione, leader per tasso di crescita del giro d’affari (+11,5%).
La maggior attenzione ai consumi legati alla salute e al benessere traina anche la ripresa della spesa nei comparti profumeria (+6,5%) e ottica (+5,6%), che beneficia anche del bonus vista.

L’effetto dei bonus statali si fa sentire anche in altri comparti, a partire da mobili e arredamento, terzo settore per entità del giro d’affari generato, che chiude il 2022 con vendite in crescita di +4,6%, superando i livelli di fatturato del 2019.
Gli incentivi dedicati agli ambienti domestici sostengono anche la crescita del bricolage (+6,6%), trainato anche dalla maggior propensione dei consumatori al fai-da-te, scelto in un’ottica di risparmio e personalizzazione.

Nel 2023 il 62% delle imprese italiane conosce bene il concetto di economia circolare, e ha acquisito consapevolezza sui vantaggi concreti degli investimenti in progetti di sostenibilità, anche dal punto di vista industriale. Segnale di come la circolarità sia sempre più percepita come un elemento essenziale dal tessuto industriale italiano. E l’incremento degli investimenti in questo ambito dimostra come le imprese inizino a credere nell’utilità dell’economia circolare. Lo conferma l’Osservatorio CleanTech, ‘Sostenibilità Ambientale, Economia Circolare ed Efficienza Energetica nelle Pmi e nelle Grandi Imprese’, condotto da Eumetra per conto di Innovatec e Circularity.
Quasi 2 aziende su 3 dichiarano infatti che gli investimenti ‘circolari’ hanno generato un maggiore ritorno economico.

Le grandi imprese investono di più

Non solo: il 50% delle aziende ha migliorato anche la propria reputazione e il 33% ha ottenuto un vantaggio competitivo rispetto ai competitor. Nei prossimi anni, il 44% delle aziende ha intenzione di investire ancora di più in progetti di sostenibilità, e il 37% in progetti di economia circolare.
Ma se in un anno raddoppiano le imprese italiane che hanno investito nell’economia circolare, il dato resta ancora basso: 16% nel 2023 contro il 9% del 2022. Il dato è significativamente più alto nelle grandi imprese (40%), e gli investimenti riguardano soprattutto l’approvvigionamento di materiali riciclati (64%) e il riciclo di scarti di produzione (61%). Solo il 14% degli investimenti è destinato a progetti di simbiosi industriale.

La mancanza di competenze è l’ostacolo principale

L’Osservatorio si focalizza anche sulle barriere che bloccano gli investimenti. Per quasi la metà delle imprese intervistate (47%) è la mancanza di competenze in azienda a ostacolare l’impegno verso la sostenibilità. Un dato che risulta in crescita rispetto al 36% rilevato lo scorso anno. Inoltre, per il 41% delle imprese la normativa è ancora troppo complicata (nel 2022 lo dichiarava il 16% delle imprese), a maggior ragione sui temi della circolarità. La tecnologia non sembra invece essere un problema: ne lamenta la mancanza solo il 12% del campione.

Strumenti digitali per le imprese verso la circolarità

Ai fini della promozione dell’economia circolare lo sviluppo di piattaforme digitali assume un ruolo fondamentale, consentendo ai diversi attori coinvolti di collaborare per estendere il ciclo di vita dei prodotti. L’innovazione digitale rappresenta uno dei principali punti di forza della nuova versione della Circularity Platform, la piattaforma tecnologica lanciata nel 2018 che attiva e facilita la collaborazione tra aziende in ottica di simbiosi industriale. Questo, grazie all’applicazione di modelli di calcolo avanzati di elaborazione di dati, che classificano gli operatori in base a parametri ambientali e sistemi di geo-localizzazione per consentire la tracciabilità dell’intera filiera dei rifiuti, dei sottoprodotti e dei materiali end of waste.

Nel 2022, il 96% dei giovani tra i 16 e i 29 anni dell’Unione Europea ha dichiarato di utilizzare Internet quotidianamente, rispetto all’84% della popolazione adulta. L’uso giornaliero di Internet tra i giovani è stato superiore al 94% in tutti i paesi dell’UE. Le percentuali più basse sono state registrate in Italia e Bulgaria, entrambe al 94%, mentre le più alte sono state raggiunte in Irlanda al 100% e in sette paesi dell’UE al 99% o al 100%: Malta, Lussemburgo, Portogallo, Repubblica Ceca, Lituania, Slovenia e Lettonia.

Nel Nord Europa over e under “navigano” allo stesso modo

Sebbene i giovani abbiano riportato un elevato utilizzo quotidiano di Internet in tutti i paesi, si è riscontrata una maggiore variazione tra gli utenti adulti. In media, la differenza tra la percentuale di giovani e adulti che utilizzano Internet quotidianamente nell’UE era del 12%. Nei Paesi Bassi, Svezia, Danimarca, Finlandia, Irlanda, Belgio e Lussemburgo, questa differenza non superava il 7%.
Alcuni paesi dell’UE hanno riportato un alto utilizzo quotidiano di Internet tra i giovani, ma con una differenza significativamente maggiore rispetto agli adulti: Croazia e Grecia (entrambe con una differenza del 21%), Portogallo e Bulgaria (entrambe con una differenza del 19%), Polonia e Romania (entrambe con una differenza del 18%).

I ragazzi usano Internet per i social

La maggior parte dei giovani utilizza Internet, ma quali sono stati alcuni dei principali utilizzi nel 2022 e come sono cambiati nel tempo? Secondo i dati, nel 2022 l’84% dei giovani ha utilizzato Internet per partecipare ai social network. Tra le attività elencate, questo è stato l’utilizzo preferito di Internet da parte dei giovani dal 2014, con dati che variano leggermente ma rimangono a livelli elevati. Altri utilizzi principali sono stati la lettura di notizie online (68%) e le operazioni bancarie online (64%).

Home banking, informazione e corsi on line 

L’uso di Internet per le operazioni bancarie è in costante aumento dal 2014 (45% dei giovani), mentre la lettura di notizie online ha raggiunto il picco nel 2020 (73%) e successivamente ha perso slancio, con una diminuzione del 5% rispetto all’anno precedente.
A causa della pandemia di Covid-19, molte attività hanno registrato un aumento significativo, specialmente per quanto riguarda l’utilizzo di Internet per i corsi online. Questo utilizzo è passato dal 13% nel 2019 al 35% nel 2021. Tuttavia, nel 2022, la percentuale è scesa al 28%, anche se rimane molto superiore rispetto al 2019. Nel 2022, solo il 23% dei giovani ha utilizzato Internet per partecipare a iniziative civiche o politiche, un’attività che ha registrato un leggero aumento dal 2015.

Uno studio realizzato da Bva Doxa per Invesco ha coinvolto quattro generazioni di italiani, Boomers (56-67 anni), GenerazioneX (35-55 anni), Millennials (25-34 anni) e GenZ (18-24 anni) per metterle a confronto sui temi chiave del presente e del futuro. Oggi, nonni, genitori, figli e nipoti sono accomunati da un forte senso di incertezza, in misura maggiore dai 25 anni in su, meno i GenZ,
Molto preoccupati per l’attuale instabilità economica e sociale, i timori degli italiani emergono ancora di più quando si parla delle ripercussioni future dell’attuale situazione generale. Posizione condivisa da tutte le generazioni, ma più marcata tra GenZ e Boomers. Tra i temi prioritari, per tutte le generazioni al primo posto c’è il costo della vita (63%), al secondo il sistema sanitario (57%), poi ambiente, società e governance (56%).

Salute, reddito, sostenibilità sono prioritari

Nella classifica di quanto ritenuto più importante, la salute è al primo posto per tutte le generazioni, seguita dall’avere un reddito sufficiente per le proprie esigenze (GenX e Boomers) e dall’equilibrio tra vita professionale e privata (Millennials e GenZ). La sostenibilità rimane per tutti un valore importante. Che il futuro del pianeta dipenda da scelte sostenibili, nessuno lo nega. Tutti d’accordo che intervenire sarà vitale, ma serpeggiano demotivazione e disillusione, in quanto i comportamenti del singolo vengono percepiti come insufficienti. Il compito spetta ai ‘massimi sistemi’: Governi, industrie, la Legge. Solo la GenZ vuole essere coprotagonista.

Sfiduciati da società, lavoro, Stato e finanza  

Le istituzioni in genere non godono di grande stima da parte degli intervistati, che considerano famiglia e amici molto più importanti e appaganti, mentre il maggiore scontento si registra verso lavoro/studio, la società, il ruolo delle aziende private e lo Stato italiano, all’ultimo posto.
A sorpresa, i più soddisfatti di società/istituzioni sono i GenZ. La mancanza di fiducia coinvolge anche le istituzioni finanziarie. La materia finanziaria resta lacunosa, distante e acuisce il senso di smarrimento, facendo sentire gli intervistati indecisi, vulnerabili e fragili.

Nel presente è difficile rinunciare agli standard di vita

Ma qual è il legame tra presente e futuro? I concetti di oggi e domani sono strettamente correlati: allo standard di vita presente non si vuole rinunciare, e quello che un tempo era ‘superfluo’ ora è parte integrante della quotidianità. L’idea di sacrificio e rinuncia quasi scompare dal vocabolario, anche per i genitori. E per i Boomers è ormai una parola antica e svuotata. Il futuro è fatto di obiettivi definiti e non troppo lontani e viene identificato nel breve termine (7 anni). Per quanto riguarda il progresso e la dimensione digitale, l’atteggiamento di tutte le generazioni è aperto, senza particolari resistenze ideologiche. In particolare, apprezzano l’Intelligenza artificiale, ma si dimostrano ancora incerte sul Metaverso.