A ottobre di quest’anno il tasso di disoccupazione scende al 9,7%, segnando -0,2 punti percentuali, mentre il tasso di occupazione sale al 59,2% (+0,1 punti percentuali). A rilevarlo è l’Istat, che ha diffuso i dati provvisori di ottobre 2019 di occupati e disoccupati. Secondo l’Istituto di Statistica dopo la crescita dell’occupazione registrata nel primo semestre dell’anno, e il picco raggiunto a giugno, a partire da luglio l’andamento risulta altalenante, e nel mese di ottobre torna al livello massimo registrato quattro mesi prima. Con un aumento, rispetto a settembre, dovuto in particolare alla crescita dei lavoratori indipendenti. Contestualmente, aggiunge l’Istituto, si registra una diminuzione della disoccupazione e un aumento dell’inattività.

Un andamento che coinvolge tutte le classi d’età, tranne gli ultracinquantenni

Sempre nel mese di ottobre le persone in cerca di occupazione risultano in diminuzione del 1,7%, pari a -44mila unità. L’andamento della disoccupazione, spiega l’Istituto di Statistica, è sintesi di un marcato calo per gli uomini (-3,9%, pari a -52mila unità) e di un lieve aumento tra la donne (+0,7%, pari a +8mila unità) e coinvolge tutte le classi d’età tranne gli ultracinquantenni. A ottobre, inoltre, la stima degli occupati risulta in crescita (+0,2%, pari a +46 mila unità) rispetto a settembre. Il tasso di occupazione sale al 59,2% (+0,1 punti percentuali).  L’occupazione è in aumento per entrambe le componenti di genere, cresce tra gli over 35 (+49mila), cala lievemente tra i 25-34enni ed è stabile tra gli under 25. L’incremento dell’occupazione, spiega l’Istat, è dovuto alla crescita degli indipendenti (+38mila) e dei dipendenti a termine (+6mila), mentre risultano sostanzialmente stabili i dipendenti permanenti.

Nel confronto trimestrale l’occupazione risulta stabile

Nel trimestre agosto-ottobre l’occupazione nel complesso è sostanzialmente stabile rispetto al trimestre precedente, con una leggera crescita della componente femminile. Nello stesso periodo aumentano i dipendenti a termine (+1,2%, +38mila) e sono sostanzialmente stabili i permanenti, mentre risultano in calo gli indipendenti (-0,7%, -40mila). Si registrano, inoltre, segnali positivi per i 25-34enni e per gli over 50, negativi nelle altre classi. Oltre agli occupati, nel trimestre si rileva stabile anche il numero di inattivi tra i 15 e i 64 anni, mentre risultano in calo le persone in cerca di occupazione (-1,9%, pari a -50mila).

Su base annua variazione positiva trainata dai dipendenti permanenti

Su base annua, riporta Adnkronos, l’occupazione risulta in crescita (+0,9%, pari a +217 mila unità). L’espansione riguarda sia donne sia uomini e tutte le classi d’età, tranne i 35-49enni. Al netto della componente demografica la variazione è positiva per tutte le classi di età, e la crescita nell’anno è trainata dai dipendenti (+231mila unità nel complesso), in particolare. dai permanenti (+181mila). mentre calano gli indipendenti (-15mila). Nell’arco dei 12 mesi, la crescita degli occupati si accompagna a un calo sia dei disoccupati (-9,7%, pari a -269mila unità) sia degli inattivi tra i 15 e i 64 anni (-0,4%), pari a -49mila.

La Relazione sullo Stato della Green Economy, presentata in apertura degli Stati Generali della Green Economy, ha fatto il punto sul percorso italiano verso la sostenibilità. E se in Italia questa transizione presenta ancora molte criticità, ma qualche eccellenza, soprattutto per rinnovabili, riciclo dei rifiuti, agricoltura e capitale naturale. Lo studio ha individuato 9 tematiche strategiche per valutare l’andamento dei Paesi. In particolare, emissioni di gas serra, risparmio ed efficienza energetica, fonti rinnovabili, economia circolare e uso efficiente delle risorse, eco-innovazione, agricoltura, territorio e capitale naturale, mobilità sostenibile e green city.

Aumentano le emissioni di gas serra e il consumo energetico cresce più del Pil

Per quanto riguarda le emissioni di gas serra, riporta Askanews, nel 2018 non accennano a diminuire, attestandosi intorno alle 426 MtCO2eq. Anche i dati del primo semestre del 2019 indicano un aumento, e responsabile è il settore dei trasporti. Inoltre, nel 2018 il consumo lordo di energia è cresciuto più del Pil: a fronte di un +0,9% di Pil è aumentano del 2%, con un conseguente aumento di intensità energetica e di bolletta energetica. Nel 2018 anche i consumi finali hanno registrato un aumento dell’1,5%. Trainanti i trasporti, con un aumento del 3,2% dei consumi finali, il tasso di crescita più alto del settore degli ultimi vent’anni.

Fonti rinnovabili, economia circolare, ecoinnovazione e digitalizzazione

La quota di rinnovabili è cresciuta di un solo punto percentuale in 5 anni, ma l’Italia resta prima fra i Paesi europei per fonti rinnovabili. Che con circa 22 Mtep soddisfano il 18,3% del fabbisogno energetico interno, contro il 17,5% della media europea. Questo, anche se nei trasporti l’uso delle rinnovabili è ancora marginale, e la produzione di biometano è triplicata nel 2018. Inoltre peggiora il tasso di circolarità, dove l’Italia si classifica al terzo posto dopo Francia e Regno Unito. Per il riciclo dei rifiuti, invece si colloca al secondo posto dietro alla Germania e supera di due punti percentuali la media UE, mentre per spesa ambientale è al 22° posto in Europa in R&S, e per digitalizzazione al 24°.

Agricoltura, territorio e capitale naturale, mobilità sostenibile e green city

Con un valore aggiunto dell’agricoltura pari a 32,2 miliardi di euro, l’Italia si trova al vertice  della classifica europea 2018, mentre in termini di valore della produzione è seconda solo alla Francia. Le superfici coltivate col metodo biologico ammontano nel 2017 a quasi 12,6 milioni di ettari, con un incremento di circa il 25% rispetto al 2012. Ma nel 2018 sono ancora 51 i chilometri quadrati di territorio consumati, e nelle 14 città metropolitane si concentra più di un quinto del suolo artificiale. Inoltre, l’Italia è il Paese europeo col tasso più alto di auto, 644 per 1.000 abitanti, e nei primi otto mesi del 2019 le emissioni medie delle nuove auto immatricolate sono aumentate del 5,5% rispetto al 2018. Quanto alla green city, la maggior parte dei bus pubblici è molto anziana ed è alimentata ancora a diesel. Gli e-bus sono presenti solo a Milano, Torino, Bergamo e Cagliari.

Il mercato italiano del Cloud nel 2019 vale 2,77 miliardi di euro. Un’accelerazione superiore alla media internazionale, in crescita del 21%, che registra un valore di 153 miliardi di dollari. In Italia il Cloud è diventato il modello preferibile nello sviluppo di progetti digitali nel 42% delle grandi imprese, e l’unica scelta possibile nel 11% dei casi. Un cambiamento di paradigma che si conferma nelle più ampie strategie per l’evoluzione del sistema informativo aziendale, che vedono già nel 54% delle organizzazioni una situazione ibrida, e nel 21% un approccio ormai totalmente Cloud.

Il 24% delle aziende possiede un team dedicato alla gestione della nuvola

Oggi il 24% delle aziende italiane possiede un team dedicato alla gestione della “nuvola” (era solo il 10% nel 2018). Ma per sei aziende su 10 è difficile reperire le figure professionali necessarie sul mercato.Tra le Pmi, ancora solo una su tre (30%) adotta soluzioni in Cloud, anche se il loro approccio strategico alla nuvola (Cloud-First o Cloud-Only) è in linea con quello delle grandi aziende.

Tra le imprese che non possiedono un centro di eccellenza, il 22% ha inserito comunque specialisti dedicati all’interno della Direzione IT, e un ulteriore 17% ha intenzione di creare un team specifico in futuro.

Manifatturiero, bancario, Telco e Media i primi tre settori per rilevanza

Da quanto emerge dall’Osservatorio Cloud Transformation promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano i primi tre settori per rilevanza nell’utilizzo del Cloud si confermano il Manifatturiero (25% del mercato Public & Hybrid Cloud), il settore Bancario (20%) e Telco e Media (15%). Seguono servizi (10%), utility (9%), PA e sanità (8%), Retail e GDO (8%) e Assicurazioni (5%).

“Ancora poche le realtà che promuovono la Cloud Transformation”

Se quindi il Cloud si conferma come piattaforma abilitante per la trasformazione digitale “sono ancora troppo poche le realtà che hanno iniziato a promuovere la Cloud Transformation attribuendole rilevanza anche dal punto di vista organizzativo”, dichiara Alessandro Piva, Direttore dell’Osservatorio Cloud Transformation.

L’82% delle imprese ha ormai compreso che il Cloud abilita una maggiore agilità dell’IT aziendale, “tuttavia – prosegue Piva – l’utilizzo di metodologie specifiche è ancora molto limitato. Il 58% delle organizzazioni inoltre dichiara difficoltà di diverso tipo, che vanno dalla capacità di comprendere i nuovi profili professionali necessari, a quella di reperirli sul mercato e formarli”. Se dunque, da un punto di vista tecnologico, la Cloud Transformation è ormai avviata, con percentuali di adozione che raggiungono l’84% dei casi, “le modalità con cui accompagnare le persone in un percorso che permetta di raggiungere gli obiettivi desiderati – sottolinea Piva – è ancora da progettare”.

Dopo le vacanze le liste dei buoni propositi si allungano, si rinnovano e alla fine si cestinano. Esiste invece un modo nuovo di fare queste liste e riuscire portarle a compimento. Basta includervi ciò che rilassa e diverte. Le nuove liste lifestyle includono infatti anche ciò che dà piacere. E chissà che sia proprio questo il segreto per riuscire ad adottare una volta per tutte lo stile di vita salutare che mai si è riusciti a perseguire.

“Tutti sogniamo uno stile di vita più salutare e la parola ‘lifestyle’ è nei topics di Google con 937 milioni di citazioni online, e 48 milioni di post dedicati su Instagram”, spiega Sybille Buchwald-Werner, chimica farmaceutica a Dusseldorf, e membro scientifico del board della rivista scientifica Agro-Food Industry Hi-Tech. 

Non basta preoccuparsi per rigare dritto

Quanta vita in più guadagneremmo seguendo le cinque regole base della salute, ovvero non fumare, mangiare sano, non ingrassare, fare attività fisica e non bere alcol? Seguendole prima dei 50 anni di età le donne potrebbero guadagnare fino a 14 anni in più e gli uomini 12, ma in quanti ci riescono? Preoccuparsi non basta affatto per rigare dritti anzi al contrario stressa di più e lo stress fa male. “Sappiamo tutti che esporsi al sole in modo prolungato non fa bene alla salute – ricorda Werner – ma quanto amiamo goderci la sua luce con la bella stagione?”

Una lista che includa il cuore oltre la testa

Secondo Werner stilare elenchi di intenti lifestyle che includano i propri piaceri personali può garantire una buona dose di fiducia in se stessi.

“Bisogna considerare aspetti della vita sociali, economici, psicologici e antropologici lasciando agli individui la possibilità di fare scelte più libere”, continua Buchwald -Werner. Secondo la quale stressarsi per seguire precetti, regole e routine lifestyle solo perché fanno bene porta al fallimento degli intenti, perché comporta un impatto negativo sull’umore. Al contrario, riporta Ansa, stilare una lista lifestyle da consultare quotidianamente che includa ciò che si ama e che si desidera realizzare è vincente. Insomma, le priorità dovrebbero includere il cuore oltre la testa.

Ridere più volte al giorno, allenarsi due volte alla settimana, fare una torta una volta al mese Cosa piace fare? A cosa non si vuole rinunciare? Quali sono le abitudini che rilassano, rallegrano e ridanno nuova energia? Magari si può prendere esempio dalla lista personale  della farmacista tedesca. Che include sorridere e ridere più volte al giorno, cantare a squarciagola mentre si è alla guida, avere un’attitudine positiva nei confronti delle difficoltà da svolgere durante la giornata, allenarsi due volte alla settimana svolgendo ciò che più piace fare, meditare mentre si cuoce una torta una volta al mese, bere frullati di frutta e verdura fresche e tisane, o integratori alla sera.

Ci siamo tutti abituati a fare affidamento su smartphone incredibilmente avanzati, capaci di risolvere mille problemi e soprattutto di “contenere” integralmente le nostre vite e le nostre passioni. Dati, fotografie, social, messaggi, applicazioni di ogni genere passano attraverso quei (pochi, di solito) pollici di schermo. Eppure, esiste una corrente di pensiero, sempre più solida, che auspica un ritorno al passato, con telefonini non molto diversi da quelli degli albori della telefonia mobile. Certo, oltre alle ideologie e a un desiderio di detox dal mondo digitale ci sono anche le dure leggi del mercato. In gran parte del mondo, infatti, quello degli smartphone è un business appena nato e a cui gli utenti non possono destinare i budget stellari che invece gli occidentali riservano agli ultimi modelli.

L’avanzata dei feature phone

I nuovi (si fa per dire) telefonini basic si chiamano feature phone. Possono ovviamente telefonare, mandare messaggi e in alcuni casi sono anche collegati a Internet. I vantaggi? Costano pochissimo, solo una manciata di euro. Eppure le grandi case produttrici ci scommettono: è il caso di Nokia, che ha recentemente presentato due nuovi telefoni ‘low cost’. A guidarne la crescita sono i mercati in espansione come l’India e l’Africa, mercati considerati con molta attenzione anche dai big del web, come Facebook e Google. Il perché di questa “marcia indietro” è presto svelato: mentre il mercato degli smartphone si è contratto per la prima volta nel 2018, il mercato dei feature phones ha continuato a crescere negli ultimi tre anni. E una recente stoma realizzata da Counterpoint Research prevede che nel 2019 ne saranno venduti a livello globale più di 400 milioni, mentre le spedizioni arriveranno al miliardo di unità entro il 2021. In particolare, saranno India e Medio Oriente ad assorbire questi dispositivi: circa 800 milioni nei prossimi tre anni. 

Ma non ci sarà l’invasione in Occidente

Spiega il fenomeno Marta Valsecchi, Direttore operativo degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano, che ha dichiarato all’Ansa: “L’avvento dei nuovi feature phone può rappresentare un trend a livello mondiale destinato in particolare ai mercati dei Paesi emergenti, con minori capacità di spesa, ed eventualmente a quelle fasce di popolazione di età elevata che hanno bisogno solo delle funzionalità base di un telefono. Dopo i prodotti lanciati da Nokia è lecito aspettarsene nuovi in uscita anche di altri marchi” Ma non ci sarà “una forte penetrazione nel nostro Paese, così come negli altri mercati occidentali”.

I Millennial pretendono che l’azienda per cui lavorano agisca in maniera responsabile. Da un’indagine statunitense pubblicata dalla Cnbc emerge addirittura che l’86% di loro accetterebbe una riduzione del proprio stipendio pur di lavorare per un’azienda rispettosa dell’ambiente, e che applichi politiche concrete di Corporate Social Responsability (CSR). E ancora, secondo una ricerca di GreenBiz, 2 giovani su 3 non lavorerebbero per un’azienda che non abbia un forte impegno in campo ambientale, e l’85% vorrebbe avere l’opportunità di farsi promotore del raggiungimento di obiettivi legati alla CSR.

Le politiche di CSR aumenterebbero del 30% il capitale annuo

Il modo in cui un’azienda gestisce le relazioni sociali, economiche e ambientali ha un forte impatto sul suo successo. Da un’altra ricerca americana pubblicata su Forbes, emerge inoltre che le politiche di responsabilità sociale porterebbero a un aumento del 30% del capitale annuo. Per attuare il cambiamento le aziende dovrebbero integrare la responsabilità sociale d’impresa in tutte le funzioni organizzative, coinvolgendo in prima linea i dipendenti nelle politiche di sostenibilità ambientale e recuperando la loro fiducia.

“La nuova sfida non è essere i migliori del mondo, bensì migliori per il mondo”

Non è un caso che da quanto emerge dallo studio condotto dal Gruppo Sodexo sui Work Place Trend, sono proprio i collaboratori a rappresentare i nuovi vettori di cambiamento per l’azienda.

“Chi dirige un’attività deve riconoscere che gran parte della forza lavoro pensa che lo scopo delle aziende non sia solo aumentare i profitti – sostiene Pedro Tarak, presidente e co-fondatore di Sistema B International, organizzazione globale che promuove la creazione di B Corp, ovvero aziende socialmente responsabili -. La nuova sfida per essere competitivi non è essere i migliori del mondo, bensì migliori per il mondo”, aggiunge Tarak.

Ma nonostante la buona volontà, molte aziende devono affrontare un’ondata di sfiducia da parte dei lavoratori e del mercato globale sui temi di responsabilità sociale.

“Creare una cultura aziendale dove business e responsabilità sociale siano allineate”

“Compiere scelte responsabili per il bene comune non è più sufficiente, perché fiducia e leadership sono in crisi – sottolinea Fabian Dattner, attivista australiana e socio fondatore di Dattner Grant -. Le aziende devono lavorare sulla ricostruzione della fiducia, sedendo al tavolo con i diversi team e accettandone le critiche anche se dure”.

Dello stesso avviso è Marion Darrieutort, Ceo di Edelman, secondo la quale “La fiducia è il cuore di ogni attività e sta collassando ovunque. Per questo motivo è necessario creare una cultura aziendale dove business e responsabilità sociale siano allineate, dando ai collaboratori i giusti mezzi per far sì che il cambiamento avvenga”.

Il  microonde viene oggi utilizzato tantissimo in cucina per riscaldare, scongelare e persino cuocere i cibi! Se non ne hai ancora uno, forse è arrivato il momento di farci un pensierino. Sul ripiano della cucina, integrato nel mobile alto o in basso… non importa dove lo posizioni, l’importante è che ci sia.

In molte case, lo stress e il trambusto della vita quotidiana richiedono sempre più rapidità nel preparare i cibi, e ciò significa che sempre più il microonde viene utilizzato a tale scopo, mentre il forno, sia elettrico che a gas, è diventato un elettrodomestico per il fine settimana o le occasioni speciali. Il microonde è invece il fedele amico di tutti i giorni, dato che lo si utilizza a partire dalla tazza di latte al mattino fino a quando non prepariamo il cibo precotto a sera. Senza dimenticare che ci sono molte ricette fatte apposta per il microonde.

Scegliere un microonde con grill o senza grill?

Per quanto riguarda la funzionalità del microonde, sulle varie offerte elettrodomestici che troverai in giro noterai vari tipi di microonde a seconda dell’utilizzo che vuoi farne. Se pensi di utilizzarlo solo per riscaldare e scongelare, ti consigliamo di limitarti ad un semplice forno a microonde tradizionale, il che è consigliabile se hai già un forno.

Se invece hai intenzione di cucinare, grigliare, cuocere… allora devi optare per un dispositivo all’avanguardia che soddisfi tutte le tue esigenze. Una delle grandi virtù di un forno a microonde è che se lo si sceglie con grill si possono gustare ottimi piatti cucinati senza dover accendere il forno tradizionale. Risparmierai molta corrente elettrica e tempo, ed i tuoi piatti saranno altrettanto gustosi.

In ogni caso, avere il grill o meno non influisce più di tanto sul prezzo dell’apparecchio. Quindi, per scegliere, scegli sempre quello con le funzioni che pensi di poter usare anche in futuro, perché non si sa mai.