Nel 2022 la difficoltà di reperimento del personale ha riguardato il 40% delle assunzioni e tenderà ad aumentare, anche per l’accelerazione della domanda attesa come effetto del PNRR. Considerando una tempistica di difficoltà di reperimento compresa tra 2 e 12 mesi, per il 2022 si stima una perdita di valore aggiunto di 37,7 miliardi di euro, il 3,1% di quanto generato complessivamente dalle filiere dell’industria e dei servizi. Emerge dall’indagine Excelsior sulle Previsioni dei fabbisogni occupazionali e professionali in Italia a medio termine aggiornate al quinquennio 2023-2027, realizzata da Unioncamere in collaborazione con ANPAL.

Andamento demografico e mismatch

Nei prossimi anni il costo del mismatch rischia di aumentare in considerazione dei macro-trend che stanno già cambiando il mercato del lavoro: transizione digitale/green e andamento demografico. Quest’ultimo comporterà infatti sia un aumento dei flussi pensionistici sia una riduzione del numero di persone in età lavorativa dovuta all’invecchiamento della popolazione, aumentando quindi lo shortage gap per mancanza di lavoratori che possano sostituire quelli in uscita. L’aspetto demografico rappresenterà nei prossimi anni il fattore critico più rilevante, considerando che tra il 2023-2027 l’intero mercato del lavoro italiano avrà bisogno di circa 3,8 milioni di lavoratori, di cui il 72% (2,7 milioni) dovrà sostituire gli occupati in uscita, mentre il 28% sarà determinato dalla crescita dello stock occupazionale di oltre un milione di lavoratori. 

PNRR e competenze

Per quanto riguarda le previsioni occupazionali a livello regionale emerge l’ampio fabbisogno della Lombardia, che necessiterà nel 2023-2027 di oltre 714mila occupati, seguita da Lazio (379mila), Veneto (346mila) ed Emilia Romagna (quasi 336mila). Quanto alle stime sull’impatto del PNRR quattro filiere appaiono maggiormente trainate: costruzioni e infrastrutture, che dovrebbero assorbire il 21% del flusso di occupati complessivi, turismo e commercio (18%), servizi avanzati (16%), formazione e cultura (13%). Il PNRR intensificherà anche la richiesta di competenze per affrontare i processi di transizione verde e digitale: tra il 2023-2027 saranno richieste competenze green a circa 2,4 milioni di lavoratori (65% del fabbisogno del quinquennio) e competenze digitali a poco più di 2 milioni di occupati (56%).

Domanda e offerta formativa per i prossimi cinque anni

Tra il 2023-2027 si stima che il 34,3% del fabbisogno occupazionale riguarderà personale in possesso di una formazione terziaria (laurea o diploma ITS Academy), e il 48,1% di un diploma tecnico-professionale. Risulterà più marcata la carenza di offerta di laureati nell’indirizzo medico-sanitario (mancheranno 12mila laureati ogni anno), in quello economico-statistico (8mila) e di lavoratori con un titolo terziario nelle discipline STEM (6mila). Considerando gli indirizzi della formazione secondaria di II grado tecnico-professionale, si stima che l’offerta formativa complessiva riuscirebbe a soddisfare solo il 60% della domanda potenziale, con mismatch più critici per gli ambiti di studio relativi a trasporti/logistica, costruzioni, sistema moda e meccanica, meccatronica ed energia, per cui si prevede che tra il 2023-2027 l’offerta potrebbe coprire circa meno di un terzo della domanda potenziale.

Per misurare l’attenzione degli utenti i Media si avvalgono della quantità di messaggi pubblicitari (views), del tempo del messaggio pubblicitario, e dell’engagement, ovvero l’intensità con cui l’utente interagisce con la pubblicità. Si tratta delle Metriche dell’Attenzione (Attention Metrics), ma il 73% degli investitori pubblicitari italiani le conosce poco, e il 10% non ne ha mai sentito parlare. Anche le modalità di rilevazione di queste metriche sono poco note: solo il 10% degli investitori le conosce in modo approfondito, il 69% ne ha una conoscenza limitata e il 21% non conosce alcuna metodologia.
Sono alcune evidenze emerse dall’Osservatorio Internet Media della School of Management del Politecnico di Milano.

Le Attention Metrics

Da una ricerca condotta da IAB UK ogni giorno l’utente è esposto a 4.000 messaggi e passa 3 ore e 32 minuti online. In risposta a questa situazione, sta emergendo nell’industria Media il fenomeno legato alle Attention Metrics. Secondo l’Advertising Research Foundation tali metriche possono essere definite come il grado con cui gli utenti esposti alla pubblicità siano focalizzati su di essa, in termini di tempo e intensità della concentrazione. L’interesse e il potenziale percepiti fanno riferimento principalmente all’attività di ottimizzazione degli investimenti in fase di pianificazione Media. Le metriche di attenzione permetterebbero infatti di riconoscere al meglio il valore delle impression che si acquistano. Un elemento determinante per la diffusione di queste metriche sarà la capacità di misurare la correlazione tra maggiore attenzione pubblicitaria e risultati di business.


L’addressability

L’Internet advertising continua ad acquisire rilevanza nel panorama pubblicitario italiano, raccogliendo una quota significativa degli investimenti, anche grazie all’addressability, basata sull’ampio utilizzo dei cookie. Ma le nuove linee guida del Garante della Privacy, e l’autoregolamentazione attuate dalle grandi società tecnologiche, hanno limitato l’utilizzo dei cookie perché impatta sulla privacy dell’utente. Nell’ultimo anno, infatti, gli editori hanno osservato una perdita rilevante delle informazioni in proprio possesso. L’addressability pubblicitaria può avvenire però anche in funzione della pertinenza dell’ambiente in cui l’annuncio è inserito (contextual advertising). Inoltre, il machine learning consente agli inserzionisti di allontanarsi da keyword e whitelist per affidarsi a sistemi basati sull’AI, le cosiddette soluzioni per l’addressability AI-based.

Il “privacy by default”

La measurability è la seconda area che subisce un forte impatto dal contesto ‘privacy by default’Già da tempo la degradazione dei ‘segnali’ che vengono utilizzati per la valutazione delle attività di advertising è oggetto di attenzione e dibattito, anche in Italia. Le conseguenze sono però differenziate a seconda degli strumenti di misurazione utilizzati. Gli strumenti più diffusi in Italia sono i Digital Campaign delivery measurement, adottati dal 67% degli advertiser, seguiti dai tool di Offline Campaign delivery measurement (28%) e Brand tracking/Pre-post test (27%). Più limitato, l’utilizzo di strumenti avanzati, come i Marketing Mix Model (21%) o i modelli di attribuzione (7%).
Nel prossimo futuro, tuttavia, si prevede un ricorso più forte agli strumenti di misurazione basati su approcci di Incrementality e Modelling, che risultano impattati in modo meno severo dall’evoluzione del contesto.

In un contesto sempre più stabile e incerto, dove pandemia, guerra in Ucraina, allarme climatico, e crisi economiche, energetiche e geopolitiche generano una serie di sfide, i cittadini di tutto il mondo ripongono nelle mani di aziende e istituzioni l’incarico di offrire piani e soluzioni mirate. Tuttavia, secondo l’Ipsos ‘Global Trends 2023: navigare in un futuro incerto e cogliere le opportunità’, il 74% degli intervistati di 50 paesi ritiene che il proprio Governo e i servizi pubblici faranno poco per aiutare le persone durante i prossimi anni. Al contempo, per il 36% dei cittadini, Governo e imprese (45%) sono in grado di pianificare il futuro a lungo termine.

Fiducia nella globalizzazione e paura di un disastro ambientale

Sebbene molti parlano di de-globalizzazione, almeno sei persone su dieci nel mondo ritengono che la globalizzazione abbia un effetto positivo, sia per sé stessi (62%) sia per il proprio mercato di riferimento (66%). Nell’ultimo decennio, anche se le tensioni geopolitiche sono peggiorate, questa cifra è aumentata leggermente. Ma al contempo otto intervistati su dieci ritengono che se non cambiamo rapidamente le nostre abitudini, presto andremo incontro a un disastro ambientale. Ciò su cui non c’è accordo è come affrontarlo, e nonostante i livelli di preoccupazione siano così elevati, oltre la metà concorda sul fatto che gli scienziati non sappiano fino in fondo di cosa stanno parlando in merito alle questioni ambientali.

Le aspettative dei consumatori nei confronti di brand e aziende

Nonostante le divisioni a livello globale, Ipsos Global Trends mostra che le persone hanno chiare aspettative nei confronti di brand e aziende. La maggioranza crede che le aziende possano essere una forza per il bene comune, con l’80% che concorda sul fatto che i brand possano contemporaneamente perseguire obiettivi economici e sostenere buone cause. Allo stesso tempo, però, il 53% degli intervistati non ha molta fiducia nei leader aziendali. Inoltre, quasi due terzi dichiara di cercare, il più delle volte, di acquistare prodotti da brand che agiscono in modo responsabile, anche se più cari (64%).

Il progresso tecnologico sta distruggendo le nostre vite?

Tra le crescenti richieste di regolamentazione delle Big Tech, sei persone su dieci nel mondo temono che il progresso tecnologico stia distruggendo le nostre vite. Allo stesso tempo, però, il 71% afferma di non riuscire a immaginare una vita senza Internet, e una percentuale ancora maggiore, l’81%, è rassegnata all’idea di perdere un po’ di privacy a causa di ciò che le nuove tecnologie possono fare.
Ma nonostante le cupe prospettive globali, continuiamo a essere fiduciosi per il prossimo futuro. La nostra tendenza all’ottimismo è evidente: mentre solo il 31% è ottimista pensando al mondo nel suo complesso per l’anno prossimo, la maggior parte si considera felice (57%) e il 59% è ottimista su come il 2023 sarà per sé e per la propria famiglia.

Lo ha scoperto un’indagine condotta da Enit: è lo stile italiano l’aspetto rimasto maggiormente impresso nei ricordi dei turisti stranieri che hanno visitato il nostro paese (43,4%), più delle bellezze naturalistiche e del patrimonio culturale (38,9% e 32,8%), e dei prodotti di lusso. Almeno il 20% di chi è stato in Italia negli ultimi 5 anni ci è stato almeno tre volte, e in Austria e in Svizzera lo affermano oltre il 30%.  Inoltre, il 37,7% degli intervistati ha intenzione di venire in Italia nel 2023, per un aumento pari a circa l’8% rispetto al dato dell’ultimo quinquennio. In base alle previsioni Enit, la platea dei turisti stranieri dovrebbe essere composta da spagnoli (14,6%), statunitensi (12,7%), svizzeri (12,3%) e austriaci (12,2%).

Gli austriaci scelgono il mare, gli spagnoli le città d’arte

Il picco di turisti dovrebbe coincidere con la stagione estiva, che dovrebbe ospitare circa la metà del flusso complessivo.
“Le destinazioni più scelte di gran lunga sono le località di mare (36,8%) e le città d’arte (31,7%) – spiega Sandro Pappalardo consigliere cda Enit -. Il 61,5% degli austriaci ha affermato di essere stato in una località balneare, dato che scende per svizzeri (46,8%) e tedeschi (41,8%). Sulle città d’arte invece, il dato più elevato appartiene agli spagnoli, il 73% dei quali ha scelto di visitare una città d’arte, così come i francesi (57,4%) e gli statunitensi (44,4%)”. 
Inoltre, riferisce Agi, il 35% circa di chi ha viaggiato in Italia ha speso fra 500 e 1500 euro. Lo studio Enit evidenza una tendenza degli statunitensi a spendere di più, mentre chi spende meno proviene da Francia e Austria.

Post-pandemia: più spazio alle piccole eccellenze del territorio

Nel 2022 il patrimonio naturalistico è la prima motivazione di vacanza, soppiantando il classico binomio Italia-arte, che ‘scende’ in seconda posizione. Il 18,1% degli italiani e il 22,4% degli stranieri si muove infatti per trascorrere una vacanza a contatto con la natura. 
“Il turismo post pandemico lascia più spazio alle piccole eccellenze del territorio, con gite ed escursioni alla scoperta di borghi e aree interne del Paese – spiega Roberto di Vincenzo, presidente Isnart -: un passo importante nell’obiettivo dell’ampliamento della stagione turistica destagionalizzazione e decongestione dei flussi. E le imprese che puntano su servizi di qualità sono premiate da una clientela più fedele”. 
Una ricerca di Isnart-Unioncamere rileva infatti che quasi un turista su 2 torna sul luogo di vacanza, e uno su 10 lo fa per alloggiare nella struttura di fiducia.

Nel 2022 la spesa cresce del +17,4%

Dalle ricerche condotte da Enit e Isnart-Unioncamere si evince quindi un quadro di generale ripresa del settore, che ha prodotto un impatto economico stimato complessivamente in 77 miliardi di euro, grazie alle spese sostenute da oltre 770 milioni di turisti, tra pernotti in strutture ricettive e alloggi in abitazioni private (seconde case, residenze di amici e parenti, appartamenti e camere in affitto). Rispetto al 2021, la crescita è del +16,7% per le presenze e del +17,4% per la spesa.

Come saranno le prossime vacanze natalizie e invernali degli italiani? Il 18% dei nostri connazionali è intenzionato a concedersi un periodo di vacanza durante le festività natalizie, e il 58% tra gennaio e marzo 2023, pur con una leggera contrazione rispetto allo scorso anno. La voglia di vacanza degli italiani quindi non manca. È quanto emerge dall’aggiornamento di Future4Tourism, l’indagine Ipsos che dal 2017 analizza ed esplora i trend futuri del turismo nazionale e internazionale per comprendere le scelte di viaggio e di vacanza degli italiani. 

Capodanno è la festività più ambita

Ma quali sono le previsioni per le vacanze natalizie 2022? Il 18% degli italiani è intenzionato a fare un periodo di vacanza fuori casa durante le festività (in calo di 2 punti percentuali rispetto allo scorso anno) e circa 8 connazionali su 10 rimarranno nel Bel Paese. Il Capodanno è la festività che prevalentemente si decide di includere nel proprio periodo di viaggio (51%), e in un caso su 3 il periodo si estenderà includendo o il giorno di Natale o il giorno dell’Epifania. Rilevante però è anche la quota di coloro che pur andando in vacanza non includono nessuna festività: sono il 24%.  

Vacanze invernali: non solo montagna e sci

I prossimi mesi saranno cruciali per comprendere l’andamento del mercato turistico, considerando i diffusi aumenti di prezzo che già influenzano le scelte di consumo.
In merito alle vacanze invernali 2023, tra chi ha già deciso la destinazione, al pari dello scorso anno, l’Italia continua a essere la meta più scelta (68%). Le destinazioni oltre confine, tuttavia, continuano il costante trend di risalita dopo i periodi caratterizzati dalla pandemia. Il 20% dei vacanzieri, infatti, viaggerà in Europa, il 10% opterà per mete extra europee, e il rimanente 2% farà una crociera.
Relativamente alla tipologia di vacanza, le visite culturali e a città d’arte verranno scelte dal 34% dei viaggiatori, posizionandosi subito dopo le mete all’aria aperta.

Si a giornate sulla neve, ma risparmiando

Montagna, collina e lago raccolgono le preferenze del 38% dei viaggiatori invernali. E se per le vacanze ‘culturali’ Toscana e Lazio sono le regioni più gettonate, le vacanze all’aria aperta interesseranno soprattutto Trentino-Alto Adige, Lombardia ed Emilia-Romagna. Le vacanze in località di mare saranno invece scelte dal 28% dei vacanzieri. L’inverno per molti italiani significa però trascorrere giornate sulla neve. Tra gli sciatori solo l’11% non modificherà le proprie abitudini rispetto agli scorsi anni. Il restante 89% si vedrà costretto ad adottare strategie di contenimento della spesa, scegliendo località con prezzi degli impianti di risalita più contenuti (37%), riducendo le giornate di sci (28%), fino, almeno per quest’anno, alla completa rinuncia (24%).

L’emergenza sanitaria ha avuto un forte impatto anche sul settore immobiliare. Se da una parte il mercato è risultato frenato, con un calo di compravendite soprattutto nelle grandi città, dall’altro lo stesso mercato ha visto un cambiamento nelle scelte di acquisto sul tipo di abitazione e soprattutto su dove decidere acquistare. Da un lato quindi, grazie allo smart working, la scelta si orienta verso case più grandi, con giardini e terrazze, dove si possa vivere e lavorare, e non solo pernottare, dall’altro è cresciuta la percentuale di persone che hanno comprato nell’hinterland e in altre province. Cresce poi il desiderio di case di lusso, o palazzi d’epoca, come ad esempio quelli sul Canal Grande di Venezia, dove, nonostante il Covid-19 il mercato immobiliare è più vivace del solito, anche per la presenza di una clientela internazionale di alto livello.

Si compra di più nell’hinterland. Ma ad alti livelli il trend è ancora più significativo

Di fatto, la percentuale di chi comprato nell’hinterland o fuori città nel 2020 è salita del 44,6%, mentre nel terzo trimestre del 2019 si fermava al 38,2%. Un fenomeno ancora più evidente a Roma, dove si passa dal 14,25 all’attuale 32,6%. Ma se questa è la situazione a livello medio, ad alti livelli il trend è ancora più significativo. Sono emblematici i fenomeni americani di Aristocrat o di Vivos, bunker di gran lusso da 8 milioni di dollari a unità, oppure di Soneva Fushi, il resort di super lusso delle Maldive, completo fino a marzo perché affollato da abbienti smart workers che hanno scelto di lavorare da un atollo dell’arcipelago.

A Venezia il mercato immobiliare è più vivace del solito

In Italia i “ghetti di lusso” storici non mancano, un caso è Venezia “dove il mercato immobiliare, nonostante il Covid e il consueto calo invernale, è più vivace del solito, grazie a una clientela internazionale di alto livello che considera Venezia sempre più un’alternativa di stile di vita positiva rispetto alle città che hanno sempre desiderato”, spiega Anne Marie Doyle di Venice Sotheby’s International Realty. Venezia infatti è un luogo che si può raggiungere facilmente “per trascorrervi lunghi periodi di tempo libero, o per continuare a lavorare da casa – continua Anne Marie Doyle -. Ma rappresenta soprattutto il culmine di un sogno in cui o si possiede la proprietà di quel palazzo che si è sempre voluto, e si contribuisce alla conservazione della cultura e della storia, oppure no”.

Palazzi sul Canal Grande, Dorso Duro, San Marco e San Polo

La clientela di Venice Sotheby’s Realty è principalmente europea, composta soprattutto da francesi, inglesi, svizzeri, e austriaci. Non mancano però clienti americani, o provenienti perfino da Australia o da Hong Kong. Ma cosa cercano nella laguna i ricchi clienti di Venice Sotheby’s Realty? Cercano appunto gli storici palazzi sul Canal Grande, o a Dorso Duro, oppure a San Marco, ma ‘si accontentano’ anche di San Polo, riporta Italpress.

I tempi dello shopping compulsivo, narcisistico e consolatorio degli anni 2000 sono finiti da un pezzo. Le vendite online hanno rivoluzionato le modalità di acquisto, ma l’evoluzione delle coscienze di questi ultimi dieci mesi ha fatto anche di più, e lo shopping è diventato più responsabile. Questo è il parere degli analisti di Mintel nel Global Consumer Trends 2021, che anticipa le tendenze per i comportamenti di acquisto e il relativo impatto su mercati, brand e consumatori stessi.

“Cosa vogliono i consumatori, alla luce dell’imprevisto della pandemia che stanno vivendo? – si chiede Simon Moriarty, direttore di Mintel Trends, EMEA -. Le previsioni si adattano al momento storico che ci rende consumatori più fluidi, più adattivi e reattivi al cambiamento. Registriamo mutamenti sottili ma profondi nel pensiero dei consumatori e nelle risposte delle imprese”.

Nelle nuove priorità vince l’essenziale 

La ricerca del benessere si è acuita sotto la spinta della pandemia, ma attraverso processi nuovi che fanno i conti con un nuovo un senso di incertezza. E tra le nuove priorità ora vince l’essenziale: sul fronte dei consumi stiamo quindi facendo un passo indietro, abbracciando una mentalità di ‘scarsità’ che condurrà a monitorare più da vicino le spese evitando consumi eccessivi.

“I marchi – aggiungono gli analisti – dovrebbero sfruttare questa opportunità per diventare agenti di cambiamento positivo e per dimostrare di offrire un buon valore e risultati tangibili”.

Lo shopping si mescola con i principi etici

“Cresce la mentalità collettiva e l’interesse verso la comunità, anche nelle culture tradizionalmente individualistiche. Il sostegno e la difesa reciproci ora rientra nei comportamenti dei consumatori”, spiegano gli analisti. Comunità e appartenenza sono e saranno sempre più fondamentali per combattere la solitudine, e in questo vinceranno i brand in grado di celebrare il nuovo senso di comunità. Lo shopping si mescola quindi con i principi etici, e saranno premianti la dichiarazione dei comportamenti intrapresi in tutta la filiera produttiva, le scelte per la difesa dei lavoratori e dell’ambiente, e le sfide della sostenibilità. Insomma, si esige più trasparenza dai marchi, e il supporto delle comunità produttive rientrano fra le priorità dei consumatori. 

Vite virtuali e nuovi dilemmi digitali

Se già stiamo usando la tecnologia, nel 2021 lo faremo ancora di più, ad esempio pagando anche il caffè al bar con la carta di credito. E nonostante usiamo lo smartphone tutto il giorno abbiamo sempre più dubbi sull’uso dei device. La chiarezza e la garanzia di tutela dei dati sensibili sarà quindi la chiave del successo dei brand. “Il ruolo che l’intrattenimento digitale gioca nel promuovere la positività e connettere le persone è di particolare importanza – affermano gli autori. – La popolarità in rapida crescita dei giochi e degli eSport offre nuove opportunità per i brand di più campi, tramite collaborazioni per creare oggetti di gioco collezionabili, creando i propri giochi o abbinando prodotti da abbinare alle sessioni di gioco.”

Secondo i dati provvisori Istat a settembre il numero di occupati in Italia risulta sostanzialmente stabile rispetto al mese precedente, confermando la flessione dei disoccupati registrata ad agosto e il calo degli inattivi. La sostanziale stabilità dell’occupazione (+6mila unità) è sintesi fra l’aumento osservato tra le donne, i dipendenti a tempo indeterminato e gli over50, e la diminuzione tra gli indipendenti e i 25-34enni. Nel complesso, quindi, il tasso di occupazione a settembre sale al 58,2%, lo 0,1% in più rispetto al mese precedente.

Il tasso di inattività resta invariato al 35,5%

La flessione del numero di persone in cerca di lavoro (-0,9%, pari a -22 mila unità) coinvolge gli uomini e gli under 50, mentre tra le donne e gli ultra 50enni si osserva una leggera crescita. Il tasso di disoccupazione scende poi al 9,6% (-0,1 punti) e tra i giovani al 29,7% (-1,7 punti).

Anche il numero di inattivi risulta in lieve diminuzione (-0,1%, pari a -15 mila unità): tale andamento è frutto del calo tra le donne e gli over35, non completamente compensato dall’aumento osservato tra gli uomini e gli under35.

Il tasso di inattività resta invariato al 35,5%.

Terzo trimestre 2020, +113 mila occupati

Nel terzo trimestre 2020 il livello di occupazione è superiore dello 0,5% a quello del trimestre precedente, registrando un aumento di +113 mila unità.

Nel trimestre crescono però anche le persone in cerca di occupazione (+18,1%, pari a +379 mila) e calano gli inattivi tra i 15 e i 64 anni (-3,7% pari a -521mila unità). Le ripetute flessioni congiunturali registrate tra marzo e giugno 2020 hanno fatto sì che, anche nel mese di settembre 2020, l’occupazione continui a essere più bassa di quella registrata nello stesso mese del 2019 (-1,7% pari a -387mila unità). La diminuzione coinvolge uomini e donne di qualsiasi età, dipendenti (-281mila) e autonomi (-107mila), con l’unica eccezione degli over50, tra i quali gli occupati crescono di 194mila unità, soprattutto per effetto della componente demografica.

In un anno il tasso di occupazione scende dello 0,9%

A settembre 2020 le ore pro capite effettivamente lavorate, calcolate sul complesso degli occupati, sono pari a 34,8, un livello di 0,7 ore inferiore a quello registrato a settembre 2019, e la differenza si riduce a 0,4 ore per i dipendenti. In un anno però il tasso di occupazione scende di 0,9 punti percentuali, anche se nell’arco dei dodici mesi diminuiscono le persone in cerca di lavoro (-2,3%, pari a -59mila unità), e aumentano gli inattivi tra i 15 e i 64 anni (+2,5%, pari a +333 mila).

Il terzo trimestre dell’anno si chiude con molte incognite. Miglioramenti produttivi e tentativi di recupero continuano a essere disomogenei, sia a livello settoriale sia territoriale. Le famiglie mantengono atteggiamenti ambivalenti nei confronti del consumo, tra voglia di ritorno alla vita “normale” e paura per il futuro sanitario ed economico. Secondo l’Indicatore Consumi Confcommercio, nel confronto annuo agosto si conferma ancora in territorio negativo, seppure in miglioramento rispetto a luglio. Il ritorno di alcune funzioni di consumo in territorio positivo non deve però illudere sulla possibilità di un recupero dei volumi. Tanto che nel mese la situazione è drammatica, soprattutto per i servizi ricreativi (-61,6%), gli alberghi (-35%) e i pubblici esercizi (-26%). Il ritorno sui livelli precedenti la pandemia appare quindi lontano, in modo più evidente per le funzioni legate al tempo libero, ai trasporti e al turismo, per il quale un andamento meno disastroso ad agosto ha solo attenuato il calo pregresso.

A breve termine le prospettive continuano a essere molto incerte

Le prospettive a breve continuano a essere molto incerte, sia per i rischi di una recrudescenza della pandemia a livello mondiale sia per gli effetti sulle imprese e il lavoro. I modesti recuperi congiunturali rilevati a luglio sul versante dell’occupazione non possono far trascurare la progressiva riduzione di imprenditori nel settore dei servizi, sintomo della mancata riapertura di molte imprese, le cui conseguenze sul lavoro dipendente potrebbero diventare evidenti nei mesi autunnali, attenuando il recupero della domanda interna. Inoltre, permane la questione della ridotta mobilità internazionale, elemento che induce a guardare con prudenza alla possibilità di un completo recupero della filiera turistica, soprattutto per la componente extra-UE.

Per alcuni segmenti si comincia a intravedere il ritorno della domanda

Nel confronto con lo stesso mese del 2019 ad agosto 2020, per alcuni segmenti, concentrati prevalentemente tra i beni, si comincia a intravedere il ritorno della domanda in territorio positivo. Va anche sottolineato come il confronto su base annua sia stato, in alcuni casi, condizionato da fattori eccezionali quali la differente tempistica dello svolgimento dei tradizionali saldi. Per quanto riguarda, ad esempio, le autovetture, l’incremento a due cifre riflette, oltre alla preferenza delle famiglie verso forme di mobilità individuale, il massiccio ricorso agli incentivi. Non va trascurato anche il fatto che agosto è storicamente il mese con il più basso numero d’immatricolazioni, situazione che quest’anno, viste le particolari condizioni, si è modificata.

Le tendenze dei prezzi al consumo

Più lento e difficile risulta invece il recupero sul versante della domanda per i servizi (-23,3% nel confronto annuo). In particolare per i segmenti legati direttamente e indirettamente al turismo (trasporto aereo, musei, ecc.). Sulla base delle dinamiche registrate dalle diverse variabili che concorrono alla formazione dei prezzi al consumo, per il mese di settembre 2020 l’Indicatore Consumi Confcommercio stima una riduzione dello 0,2% in termini congiunturali. e dello 0,1% nel confronto con lo stesso mese del 2019.

Con l’isolamento necessario a limitare la propagazione del Coronavirus gli italiani si sono lanciati sui supermercati online. Uno studio a cura di SpesaRossa.it, la piattaforma per la spesa locale online dei piccoli negozi di quartiere, fa emergere la crescita dell’e-commerce dei prodotti alimentari e di largo consumo a un livello inaspettato fino a febbraio. 

“Il mercato dell’e-commerce alimentare e dei prodotti di consumo ha raggiunto in 30 giorni un livello di maturità tale per cui cambieranno radicalmente le abitudini dei consumatori – commenta Ivan Laffranchi, fondatore di SpesaRossa.it -. La grande distribuzione e i negozianti locali stanno per affrontare una rivoluzione senza precedenti e dovranno cambiare le loro strategie se vogliono sopravvivere”.

Le piattaforme di supermercati online crescono in modo differente 

Secondo lo studio le piattaforme di supermercati online crescono in modo differente in funzione del traffico dei mesi precedenti. Sul fronte della crescita vince Supermercato24, con un +1.230% di traffico, mentre dal punto di vista del numero di visite Esselunga vince con Esselunga.it e Esselungaacasa.it, rispettivamente con quasi 9 milioni di visite e 7 milioni di visite. La ricerca ha poi analizzato il traffico di utenti, i tempi di permanenza sui siti, le pagine viste e il bounce rate, ovvero la frequenza di rimbalzo che consente di valutare l’aspettativa del visitatore.

Supermercato24 ed Esselunga campioni di visite

Più in dettaglio, Supermercato24, re indiscusso della crescita, passa da 320.000 visite di febbraio a 4.3 milioni di marzo, con una crescita dell’oltre 1000%, un tempo medio di permanenza sul sito di 6 minuti e un bounce rate di poco più del 40% (41.4%). Esselungaacasa.it, con +621% a marzo rispetto a febbraio, raccoglie 7 milioni di visite, una frequenza di rimbalzo molto bassa (21.93%) e una sessione di visita media di 12 minuti e 30 secondi. Esselunga vince anche con il suo sito istituzionale esselunga.it, che registra quasi 9 milioni di visite a marzo (8.900.000 visite), con un bounce rate decisamente più alto (46.23%) di esselungaacasa.it, a dimostrazione che una migliore user experience e profilazione degli utenti permette di abbattere la frequenza di rimbalzo.

Piemonte, Sardegna e Lombardia le regioni più attive

Dal punto di vista della geolocalizzazione degli utenti per la ricerca tramite ‘spesa online’ le regioni più attive sono Piemonte, Sardegna e Lombardia.

In ogni caso, Carrefour.it segna un +136%, e passa da 1,4 milioni di visite di febbraio a 3.250.000 visite di marzo, una percentuale di rimbalzo del 49.64% e oltre 7 minuti di permanenza media sul sito. Conad.it invece segna un + 218%, e registra quasi 4 milioni di visitatori a marzo, con un bounce rate del 37%. E-coop.it passa da 480.000 utenti di febbraio a 1,5 milioni di utenti a marzo, e un bounce rate di oltre 50%, la frequenza di rimbalzo più alta tra i siti analizzati.

Sul fronte del commercio di prossimità Spesarossa.it registra nelle prime 2 settimane di attività 20.000 visite con centinaia di ordini a destinazione di macellai, gastronomie, ambulanti e vivai.