L’evoluzione dei media plasma e trasforma le nostre esperienze, e le emozioni sono la fucina di questa trasformazione. Con l’emergere della realtà phygital le cyberemozioni segneranno la trasformazione dell’esperienza soggettiva, influenzando in modi nuovi, e ancora in parte impredicibili, i nostri comportamenti.
Ne sono convinti Andrea Gaggioli, ordinario di Psicologia generale Dipartimento di Psicologia Università Cattolica, campus di Milano e direttore Centro studi e ricerche di psicologia della comunicazione (PsiCom), e la professoressa Alice Chirico (PsiCom), che hanno pubblicato un editoriale sulla rivista Cyberpsychology, Behaviour and Social Networking, issue.
“Grazie alla crescente integrazione di realtà virtuale, realtà aumentata e intelligenza artificiale nel tessuto della nostra esistenza – spiegano Gaggioli e Riva -, potremmo sperimentare nuove forme di emozioni che non avevamo mai provato prima”.

La “natura virtuale” rende più inclini a difendere il pianeta

Queste nuove esperienze emotive che emergono dall’interazione con i mondi phygital potrebbero quindi sviluppare nuovi modi di espressione, comunicazione e comprensione delle emozioni altrui.
Ad esempio, se viviamo la natura, anche in modo virtuale, e sperimentiamo un senso di profonda meraviglia di fronte a essa, diveniamo più inclini a difendere il pianeta.
Lo studio ha quindi esaminato l’impatto ecologico di due scenari naturali in realtà virtuale (una foresta e un parco brullo), uno scenario non legato alla natura, ma in grado di indurre meraviglia (la visione della Terra dallo spazio), e un ambiente neutro dal punto di vista emotivo, raffigurante una stanza.
“Per misurare gli effetti delle esperienze virtuali abbiamo preso in esame due comportamenti”, spiegano i ricercatori: firmare o meno una petizione reale contro la produzione di imballaggi in plastica o prendere volantini relativi alla petizione da condividere poi con altre persone.

La profonda “meraviglia” e il coinvolgimento sociale

I risultati hanno evidenziato che sebbene tutti gli ambienti naturali simulati promuovano comportamenti a favore dell’ambiente, solo quello in grado di indurre profonda meraviglia porta le persone a prendere un maggior numero di volantini contro la produzione della plastica.
“Questi risultati riconfermano il ruolo chiave dell’esposizione ad ambienti naturali in realtà virtuale nel promuovere comportamenti ecologici – afferma Chirico, come riporta Adnkronos -, sottolineando il valore aggiunto di un ambiente naturale in grado di suscitare profonda meraviglia nel sostenere un maggiore coinvolgimento sociale verso la tutela dell’ambiente”.

Le cyberemozioni aiutano a comprendere meglio gli stati affettivi umani

“Le cyberemozioni, ovvero le emozioni generate e sperimentate in ambienti virtuali come la realtà virtuale, offrono opportunità uniche per comprendere meglio il funzionamento degli stati affettivi umani e per sviluppare nuovi approcci terapeutici, educativi e di sensibilizzazione – commentano Riva e Gaggioli -. Il futuro dello studio delle emozioni virtuali appare promettente e ricco di scoperte entusiasmanti, che potrebbero avere un impatto significativo sulla nostra comprensione delle emozioni umane e sulla qualità della nostra vita”.

Se il 47,1% degli italiani acquista settimanalmente qualcosa online, tra chi è ‘offline’ una nutrita schiera di irriducibili ritiene ancora pericoloso acquistare in rete. La prima sfida da vincere per avere successo online perciò è costruire un rapporto di fiducia con l’acquirente.
“Una transazione online – spiega Vendula Cirova, responsabile marketing in Italia per l’e-commerce di lentiamo.it – non offre, per forza di cose, le stesse opportunità di una vendita tradizionale e all’acquirente è chiesto di rinunciare a esercitare un giudizio ‘a pelle’ sull’esercente. In più, online è possibile costruire un sito web dedito alla vendita di prodotti contraffatti, e di conseguenza il consumatore non può sentirsi totalmente protetto da venditori disonesti, il cui obiettivo finale magari è solo quello di sottrarre dati personali, o ancora peggio, quelli della carta di credito”.

La riluttanza verso lo shopping online 

“Questa riluttanza verso lo shopping online, che esiste ancora, non scomparirà mai del tutto, ma certamente negli anni è diminuita grazie a una maggiore capacità di analisi da parte dei consumatori. Infatti, basta veramente poco per individuare gli e-commerce meno affidabili”, aggiunge Cirova.
Il team IT di lentiamo.it ha quindi preparato un vademecum per orientarsi prima di procedere all’acquisto online.
Prima di tutto, analizzare l’url del sito. Basta cliccare sull’icona a forma di lucchetto che precede il link e verificare se la connessione è considerata sicura o meno. Inoltre, esistono strumenti come Google Transparency Report che in pochi secondi certificano la sicurezza dei siti.

Verificare l’attendibilità del sito

Se il business esiste già da qualche tempo e l’attività è legittima, sicuramente online è possibile reperire informazioni utili. In ogni caso, è meglio verificare le recensioni. Se il venditore è corretto, solitamente, è possibile leggere già sulla home page le recensioni raccolte da un servizio esterno certificato. Ma se ‘è troppo bello per essere vero’ probabilmente è una truffa. Online si risparmia, a volte anche tanto, ma se il prezzo del prodotto è incredibilmente più basso rispetto ad altri e-commerce, probabilmente si nasconde una truffa.
Pertanto, ogni e-commerce deve riportare i dati della società, compresa la Partita Iva. Collegandosi al sito dell’Agenzia delle Entrate, ed entrando nella sezione Verifica della partita Iva, è possibile verificare se il numero corrisponde effettivamente alla società proprietaria del sito.

Se un’azienda è seria ha un Customer Care efficiente

Se il dubbio permane, può essere un’idea contattare il servizio clienti. Se il sito è vero e reale il team dedicato all’assistenza risponderà in tempi brevi dipanando ogni incertezza.
“Conquistare la fiducia del consumatore – sottolinea Cirova – prima ancora che questo possa constatare la qualità del servizio è la sfida più importante per chi opera nel mondo dell’e-commerce: se è vero che per perderla basta una sola esperienza negativa, perché si generi un rapporto e si fidelizzi il cliente il cammino è molto più lungo”.

Il mercato dell’usato continua a crescere, anche online. Secondo i risultati della nona edizione dell’Osservatorio Second Hand Economy, condotto da Bva Doxa per Subito.it, sono 24 milioni gli italiani che nel 2022 hanno scelto la Second Hand Economy, per un guadagno medio di quasi 1.000 euro (953 euro), generando un valore economico di 25 miliardi di euro, pari all’1,3% del Pil nazionale. E se continua anche la crescita dell’online, canale preferito dal 65%, con un volume d’affari di 11,9 milioni di euro (47% del totale), dopo due anni di difficoltà cresce anche l’offline.

Aumenta il numero di persone che comprano e vendono usato 

Nel 2022 aumenta quindi il numero di persone che comprano e vendono usato, così come la frequenza di utilizzo di questa forma di economia circolare e distributiva. 
“Nel 2022 osserviamo un ulteriore aumento della percentuale di coloro che fanno second hand, così come del valore generato – commenta Giuseppe Pasceri, Ceo di Subito -. Un segnale chiaro di come questa forma di economia circolare abbia a tutti gli effetti sdoganato il pregiudizio per diventare un’abitudine di cui andare fieri, una scelta da rivendicare con orgoglio perché intelligente, sostenibile, smart Subito, e in particolare l’esperienza simile all’e-commerce della compravendita dell’usato, scelta da 6 utenti su 10, hanno contribuito a rendere ancora più semplice e comoda questa scelta, conquistando un target cross-generazionale esigente e attento”.

Veicoli, Casa e Persona, Elettronica, Sports&Hobby le categorie più gettonate

La prima categoria per valore generato a totale si conferma Veicoli (10,6 miliardi), seppure in decrescita rispetto al balzo positivo del 2021. A seguire Casa e Persona, che cresce più delle altre (6,7 miliardi nel 2022 vs 5,7 miliardi nel 2021), Elettronica (4,5 miliardi) e Sports&Hobby (3,4 miliardi), stabili rispetto al 2021 per valore generato. La percentuale di chi compra e vende usato cresce dal 52% al 57% e si conferma al terzo posto tra i comportamenti sostenibili messi in atto dagli italiani, preceduto da raccolta differenziata (90%) e acquisto di lampadine Led (69%) e seguito da acquisto prodotti a km0 (49%).

Un alleato della sostenibilità

Alcuni target, in particolare, trovano nella second hand un alleato per affrontare tutti i cambiamenti tipici della loro condizione, come GenZ e Millennials (73%), o famiglie giovani con figli piccoli (75%). Ma quali sono i valori associati a questa scelta? La sostenibilità di un comportamento che fa bene all’ambiente (55%), l’importanza di non sprecare, dando valore alle cose (52%) e la scelta intelligente e attuale di un modello differente di economia (51%), valori trasversali a tutte le generazioni. Le prime tre regioni che spiccano per volume d’affari nel 2022, riferisce Adnkronos,  sono Lombardia (4,2 miliardi), Campania (3,1 miliardi), e Lazio (2,7 miliardi). Le regioni dove si guadagna di più rispetto alla media nazionale grazie alla vendita dell’usato sono invece Campania (1.114 euro), Veneto (1.099 euro) e Lombardia (970 euro).

Fare yoga, camminare, leggere un libro? Qual è la “tecnica” più efficace per combattere lo stress? La risposta sarebbe incredibilmente semplice: guardare un tramonto. Ammirare il sole che si abbassa sull’orizzonte può essere un’esperienza trascendentale; non c’è niente di meglio che ritrovarsi a contemplare la bellezza di un’alba o ancor più di un tramonto. Studi recenti suggeriscono che i tramonti siano tra i fenomeni meteorologici transitori più belli del giorno, e per questo sono considerati tra i momenti più intensi ed emozionanti. In particolare, a sottolineare l’efficacia “terapeutica” del tramonto è una recente ricerca  pubblicata sul Washington Post. La natura, e lo spettacolo del sole che sorge o tramonta in modo specifico, è infatti un validissimo antistress.

Uno spettacolo che rilassa

La ricerca ha inoltre stabilito che guardare un alba o un tramonto riduce lo stress e aumenta le sensazioni positive. Si tratterebbe addirittura di un effetto ancor più potente rispetto a quello che si otterrebbe osservando delle opere d’arte o immagini toccanti sullo screensaver del nostro computer. Alex Smalley, principale autore dello studio e dottorando presso l’Università di Exeter in Inghilterra, sottolinea come la bellezza di un tramonto spesso riesca a farci dimenticare le preoccupazioni. “Lo stupore è in genere un sentimento difficile da evocare”, ha affermato Smalley. Tuttavia, “i sentimenti di stupore possono anche migliorare l’umore, aumentare le emozioni positive e diminuire lo stress”, afferma il Washington Post. Albe e tramonti regalano immediatamente un senso di pace e di sollievo.

Più effetti positivi in autunno e in inverno

Bisogna però considerare anche gli aspetti che influenzano la visione di un tramonto. In base a quanto scrive il Washington Post, “L’ estate è un momento critico per vedere i tramonti ” perché spesso c’è un aumento dell’inquinamento atmosferico. Il periodo migliore è invece durante l’autunno e l’inverno, quando l’aria è più pulita e limpida. Anche le nuvole possono influire sul risultato finale riflettendo ulteriormente la luce solare sul terreno. Tutto cambia velocemente e in pochi minuti si può assistere alla trasformazione del cielo. E’ proprio questa mutevolezza che rende affascinante lo spettacolo. E se i tramonti si perdono insieme alle albe, cosa succede? Non è facile cogliere il momento giusto. Anche perché si tratta di momenti “molto effimeri”, tanto che anche osservandone le sfumature cambiano nel corso di minuti se non di secondi. Quindi prevedere un tramonto da brividi e irripetibile non è né facile né programmabile. Bisogna saper cogliere l’attimo … quello giusto.

L’Italia nel 2022 continua essere nel mirino dei cybercriminali per il furto di dai online, anche delle carte di credito. Gli hacker puntano infatti sulle combinazioni di dati che includono carte di credito e numeri di telefono per lo scambio sul dark web di credenziali di account di posta e numeri di telefono. E l’Italia è nella Top 20 dei paesi più colpiti al mondo per furto delle credenziali delle carte di credito.
Secondo l’ultimo Osservatorio Cyber realizzato da CRIF preoccupa inoltre l’incremento (+10,5%) relativo alla combinazione del numero della carta di credito insieme al cvv e data di scadenza. Tramite queste credenziali gli hacker possono rubare denaro, o concludere operazioni su web e dark web.

Oltre 1,6 milioni di alert, l’83,7% riferiti al dark web

Complessivamente il numero degli alert inviati nel 2022 è di oltre 1,6 milioni, la maggior parte riferita al dark web (1,5 milioni). In Italia, la quota degli alert inviati agli utenti sul dark web ha toccato l’83,7%, mentre solo il 16,3% degli utenti sono allertati per dati rilevati sul web pubblico. Scorrendo la classifica dei paesi maggiormente soggetti al furto delle credenziali delle carte di credito, l’Italia occupa il 14° posto della graduatoria mondiale. Inoltre, secondo la graduatoria delle e-mail più rilevate sul dark web, localizzando il provider, il dominio .it risulta il sesto dominio maggiormente colpito dal furto di password online.

Più colpiti over 60, in Lazio, Lombardia e Campania

Le fasce di popolazione maggiormente colpite dal furto di dati sono quelle degli over 60 anni (25,6%), 41-50 anni (25,7%) e 51-60 anni (25,4%). Gli uomini rappresentano la maggioranza degli utenti allertati dai servizi CRIF di protezione dei dati personali sul web (63,2%). Le aree geografiche in cui vengono allertate più persone sono il Nord (37,8% nel complesso) e il Centro (36%), ma in proporzione sono gli abitanti del Sud e del Nord Est che ricevono più alert. In particolare, le regioni in cui vengono allertate più persone sono Lazio (21,1%), Lombardia (14%) e Campania (7,9%), ma in proporzione sono gli abitanti di Sicilia, Molise e Umbria che ricevono più alert.

E-mail, codice fiscale e numero di telefono le credenziali più rubate

Sempre in Italia nel 2022 le tipologie di dati più frequentemente rilevati sull’open web, quindi pubblicamente accessibili da chiunque su Internet, sono state e-mail (46,7%) e codice fiscale (34,5%), seppure in calo sul totale rispetto al 2021, seguiti a distanza da numero di telefono (11,5%), username (3,7%) e indirizzo (3,7%). Nel dark web sono state invece le credenziali e-mail a essere più frequentemente rilevate nel 2022. Al secondo posto il numero di telefono, mentre sull’ultimo gradino del podio si colloca il codice fiscale. Questi preziosi dati potrebbero essere utilizzati per cercare di compiere truffe, ad esempio attraverso phishing o smishing.

Nel 2022 la difficoltà di reperimento del personale ha riguardato il 40% delle assunzioni e tenderà ad aumentare, anche per l’accelerazione della domanda attesa come effetto del PNRR. Considerando una tempistica di difficoltà di reperimento compresa tra 2 e 12 mesi, per il 2022 si stima una perdita di valore aggiunto di 37,7 miliardi di euro, il 3,1% di quanto generato complessivamente dalle filiere dell’industria e dei servizi. Emerge dall’indagine Excelsior sulle Previsioni dei fabbisogni occupazionali e professionali in Italia a medio termine aggiornate al quinquennio 2023-2027, realizzata da Unioncamere in collaborazione con ANPAL.

Andamento demografico e mismatch

Nei prossimi anni il costo del mismatch rischia di aumentare in considerazione dei macro-trend che stanno già cambiando il mercato del lavoro: transizione digitale/green e andamento demografico. Quest’ultimo comporterà infatti sia un aumento dei flussi pensionistici sia una riduzione del numero di persone in età lavorativa dovuta all’invecchiamento della popolazione, aumentando quindi lo shortage gap per mancanza di lavoratori che possano sostituire quelli in uscita. L’aspetto demografico rappresenterà nei prossimi anni il fattore critico più rilevante, considerando che tra il 2023-2027 l’intero mercato del lavoro italiano avrà bisogno di circa 3,8 milioni di lavoratori, di cui il 72% (2,7 milioni) dovrà sostituire gli occupati in uscita, mentre il 28% sarà determinato dalla crescita dello stock occupazionale di oltre un milione di lavoratori. 

PNRR e competenze

Per quanto riguarda le previsioni occupazionali a livello regionale emerge l’ampio fabbisogno della Lombardia, che necessiterà nel 2023-2027 di oltre 714mila occupati, seguita da Lazio (379mila), Veneto (346mila) ed Emilia Romagna (quasi 336mila). Quanto alle stime sull’impatto del PNRR quattro filiere appaiono maggiormente trainate: costruzioni e infrastrutture, che dovrebbero assorbire il 21% del flusso di occupati complessivi, turismo e commercio (18%), servizi avanzati (16%), formazione e cultura (13%). Il PNRR intensificherà anche la richiesta di competenze per affrontare i processi di transizione verde e digitale: tra il 2023-2027 saranno richieste competenze green a circa 2,4 milioni di lavoratori (65% del fabbisogno del quinquennio) e competenze digitali a poco più di 2 milioni di occupati (56%).

Domanda e offerta formativa per i prossimi cinque anni

Tra il 2023-2027 si stima che il 34,3% del fabbisogno occupazionale riguarderà personale in possesso di una formazione terziaria (laurea o diploma ITS Academy), e il 48,1% di un diploma tecnico-professionale. Risulterà più marcata la carenza di offerta di laureati nell’indirizzo medico-sanitario (mancheranno 12mila laureati ogni anno), in quello economico-statistico (8mila) e di lavoratori con un titolo terziario nelle discipline STEM (6mila). Considerando gli indirizzi della formazione secondaria di II grado tecnico-professionale, si stima che l’offerta formativa complessiva riuscirebbe a soddisfare solo il 60% della domanda potenziale, con mismatch più critici per gli ambiti di studio relativi a trasporti/logistica, costruzioni, sistema moda e meccanica, meccatronica ed energia, per cui si prevede che tra il 2023-2027 l’offerta potrebbe coprire circa meno di un terzo della domanda potenziale.

Per misurare l’attenzione degli utenti i Media si avvalgono della quantità di messaggi pubblicitari (views), del tempo del messaggio pubblicitario, e dell’engagement, ovvero l’intensità con cui l’utente interagisce con la pubblicità. Si tratta delle Metriche dell’Attenzione (Attention Metrics), ma il 73% degli investitori pubblicitari italiani le conosce poco, e il 10% non ne ha mai sentito parlare. Anche le modalità di rilevazione di queste metriche sono poco note: solo il 10% degli investitori le conosce in modo approfondito, il 69% ne ha una conoscenza limitata e il 21% non conosce alcuna metodologia.
Sono alcune evidenze emerse dall’Osservatorio Internet Media della School of Management del Politecnico di Milano.

Le Attention Metrics

Da una ricerca condotta da IAB UK ogni giorno l’utente è esposto a 4.000 messaggi e passa 3 ore e 32 minuti online. In risposta a questa situazione, sta emergendo nell’industria Media il fenomeno legato alle Attention Metrics. Secondo l’Advertising Research Foundation tali metriche possono essere definite come il grado con cui gli utenti esposti alla pubblicità siano focalizzati su di essa, in termini di tempo e intensità della concentrazione. L’interesse e il potenziale percepiti fanno riferimento principalmente all’attività di ottimizzazione degli investimenti in fase di pianificazione Media. Le metriche di attenzione permetterebbero infatti di riconoscere al meglio il valore delle impression che si acquistano. Un elemento determinante per la diffusione di queste metriche sarà la capacità di misurare la correlazione tra maggiore attenzione pubblicitaria e risultati di business.


L’addressability

L’Internet advertising continua ad acquisire rilevanza nel panorama pubblicitario italiano, raccogliendo una quota significativa degli investimenti, anche grazie all’addressability, basata sull’ampio utilizzo dei cookie. Ma le nuove linee guida del Garante della Privacy, e l’autoregolamentazione attuate dalle grandi società tecnologiche, hanno limitato l’utilizzo dei cookie perché impatta sulla privacy dell’utente. Nell’ultimo anno, infatti, gli editori hanno osservato una perdita rilevante delle informazioni in proprio possesso. L’addressability pubblicitaria può avvenire però anche in funzione della pertinenza dell’ambiente in cui l’annuncio è inserito (contextual advertising). Inoltre, il machine learning consente agli inserzionisti di allontanarsi da keyword e whitelist per affidarsi a sistemi basati sull’AI, le cosiddette soluzioni per l’addressability AI-based.

Il “privacy by default”

La measurability è la seconda area che subisce un forte impatto dal contesto ‘privacy by default’Già da tempo la degradazione dei ‘segnali’ che vengono utilizzati per la valutazione delle attività di advertising è oggetto di attenzione e dibattito, anche in Italia. Le conseguenze sono però differenziate a seconda degli strumenti di misurazione utilizzati. Gli strumenti più diffusi in Italia sono i Digital Campaign delivery measurement, adottati dal 67% degli advertiser, seguiti dai tool di Offline Campaign delivery measurement (28%) e Brand tracking/Pre-post test (27%). Più limitato, l’utilizzo di strumenti avanzati, come i Marketing Mix Model (21%) o i modelli di attribuzione (7%).
Nel prossimo futuro, tuttavia, si prevede un ricorso più forte agli strumenti di misurazione basati su approcci di Incrementality e Modelling, che risultano impattati in modo meno severo dall’evoluzione del contesto.

È quanto emerge da una rilevazione effettuata da Assolavoro Datalab: entro il mese di aprile 2023 le Agenzie di lavoro italiane offriranno ai potenziali candidati complessivamente 150 mila opportunità.
Assolavoro è l’Associazione Nazionale di Categoria delle Agenzie per il Lavoro (ApL). Riunisce le Agenzie per il Lavoro che producono l’85% del fatturato complessivo legato alla somministrazione di lavoro, e conta su tutto il territorio nazionale oltre 2.500 filiali. Assolavoro Datalab è invece l’Osservatorio dell’Associazione Nazionale delle Agenzie per il Lavoro, che utilizza sia dati interni al settore sia fonti terze qualificate, come Excelsior, Linkedin, Trovit, e Indeed.

Contratti in somministrazione e a tempo determinato

A livello geografico, il 30,2% delle assunzioni è previsto nell’area del Nord-Ovest, il 24,4% al Nord-Est, il 20,2% al Centro e il 25,2% al Sud e nelle Isole. Sono diverse le qualifiche professionali relative ai 150 mila contratti offerti dalle agenzie, da sviluppatori java a esperti in Comunicazione digitale e ingegneri meccanici, ma anche cuochi, autisti, operai specializzati, termoidraulici e camerieri.
Si tratta per lo più di contratti di lavoro in somministrazione, ovvero contratti che prevedono le medesime tutele e la retribuzione tipica del lavoro dipendente, mentre per i contratti offerti a tempo determinato sono previste occasioni doppie di reimpiego allo scadere del rapporto di lavoro.

Da architetti informatici a sales account e specialisti delle spedizioni

Sviluppatori java e sistemisti, architetti informatici, esperti in controllo di gestione e ingegneri meccanici, elettrici e dell’automazione, project manager, communication e digital communication specialist, sono tra le figure più ricercate tra le professioni ad alta qualifica. E poi ancora, elettricisti, specialisti della qualità, sales account, contabili e addetti alla tesoreria, esperti in recruiting e training, receptionist e cuochi. Nel settore manifatturiero si evidenzia in particolare la richiesta di termoidraulici, operatori di macchine, addetti al banco di assemblaggio, autisti, camerieri, magazzinieri e specialisti delle spedizioni.

Circa 692mila offerte per i 30 profili più ricercati

Sono queste infatti alcune tra le 30 figure professionali più ricercate nel mondo del lavoro per i mesi di marzo e aprile 2023. I profili sono distinte in tre diverse categorie, ovvero le dieci professioni più ricercate a elevata qualifica, le dieci a media qualifica e le dieci figure di natura più operativa.
Nel bimestre marzo-aprile 2023 i gruppi professionali ai quali appartengono i 30 profili più ricercati dalle imprese creeranno circa 692 mila offerte di lavoro, su un totale di oltre 810 mila opportunità lavorative totali rilevate dal rapporto Excelsior di Unioncamere.

In un contesto sempre più stabile e incerto, dove pandemia, guerra in Ucraina, allarme climatico, e crisi economiche, energetiche e geopolitiche generano una serie di sfide, i cittadini di tutto il mondo ripongono nelle mani di aziende e istituzioni l’incarico di offrire piani e soluzioni mirate. Tuttavia, secondo l’Ipsos ‘Global Trends 2023: navigare in un futuro incerto e cogliere le opportunità’, il 74% degli intervistati di 50 paesi ritiene che il proprio Governo e i servizi pubblici faranno poco per aiutare le persone durante i prossimi anni. Al contempo, per il 36% dei cittadini, Governo e imprese (45%) sono in grado di pianificare il futuro a lungo termine.

Fiducia nella globalizzazione e paura di un disastro ambientale

Sebbene molti parlano di de-globalizzazione, almeno sei persone su dieci nel mondo ritengono che la globalizzazione abbia un effetto positivo, sia per sé stessi (62%) sia per il proprio mercato di riferimento (66%). Nell’ultimo decennio, anche se le tensioni geopolitiche sono peggiorate, questa cifra è aumentata leggermente. Ma al contempo otto intervistati su dieci ritengono che se non cambiamo rapidamente le nostre abitudini, presto andremo incontro a un disastro ambientale. Ciò su cui non c’è accordo è come affrontarlo, e nonostante i livelli di preoccupazione siano così elevati, oltre la metà concorda sul fatto che gli scienziati non sappiano fino in fondo di cosa stanno parlando in merito alle questioni ambientali.

Le aspettative dei consumatori nei confronti di brand e aziende

Nonostante le divisioni a livello globale, Ipsos Global Trends mostra che le persone hanno chiare aspettative nei confronti di brand e aziende. La maggioranza crede che le aziende possano essere una forza per il bene comune, con l’80% che concorda sul fatto che i brand possano contemporaneamente perseguire obiettivi economici e sostenere buone cause. Allo stesso tempo, però, il 53% degli intervistati non ha molta fiducia nei leader aziendali. Inoltre, quasi due terzi dichiara di cercare, il più delle volte, di acquistare prodotti da brand che agiscono in modo responsabile, anche se più cari (64%).

Il progresso tecnologico sta distruggendo le nostre vite?

Tra le crescenti richieste di regolamentazione delle Big Tech, sei persone su dieci nel mondo temono che il progresso tecnologico stia distruggendo le nostre vite. Allo stesso tempo, però, il 71% afferma di non riuscire a immaginare una vita senza Internet, e una percentuale ancora maggiore, l’81%, è rassegnata all’idea di perdere un po’ di privacy a causa di ciò che le nuove tecnologie possono fare.
Ma nonostante le cupe prospettive globali, continuiamo a essere fiduciosi per il prossimo futuro. La nostra tendenza all’ottimismo è evidente: mentre solo il 31% è ottimista pensando al mondo nel suo complesso per l’anno prossimo, la maggior parte si considera felice (57%) e il 59% è ottimista su come il 2023 sarà per sé e per la propria famiglia.

Lo ha scoperto un’indagine condotta da Enit: è lo stile italiano l’aspetto rimasto maggiormente impresso nei ricordi dei turisti stranieri che hanno visitato il nostro paese (43,4%), più delle bellezze naturalistiche e del patrimonio culturale (38,9% e 32,8%), e dei prodotti di lusso. Almeno il 20% di chi è stato in Italia negli ultimi 5 anni ci è stato almeno tre volte, e in Austria e in Svizzera lo affermano oltre il 30%.  Inoltre, il 37,7% degli intervistati ha intenzione di venire in Italia nel 2023, per un aumento pari a circa l’8% rispetto al dato dell’ultimo quinquennio. In base alle previsioni Enit, la platea dei turisti stranieri dovrebbe essere composta da spagnoli (14,6%), statunitensi (12,7%), svizzeri (12,3%) e austriaci (12,2%).

Gli austriaci scelgono il mare, gli spagnoli le città d’arte

Il picco di turisti dovrebbe coincidere con la stagione estiva, che dovrebbe ospitare circa la metà del flusso complessivo.
“Le destinazioni più scelte di gran lunga sono le località di mare (36,8%) e le città d’arte (31,7%) – spiega Sandro Pappalardo consigliere cda Enit -. Il 61,5% degli austriaci ha affermato di essere stato in una località balneare, dato che scende per svizzeri (46,8%) e tedeschi (41,8%). Sulle città d’arte invece, il dato più elevato appartiene agli spagnoli, il 73% dei quali ha scelto di visitare una città d’arte, così come i francesi (57,4%) e gli statunitensi (44,4%)”. 
Inoltre, riferisce Agi, il 35% circa di chi ha viaggiato in Italia ha speso fra 500 e 1500 euro. Lo studio Enit evidenza una tendenza degli statunitensi a spendere di più, mentre chi spende meno proviene da Francia e Austria.

Post-pandemia: più spazio alle piccole eccellenze del territorio

Nel 2022 il patrimonio naturalistico è la prima motivazione di vacanza, soppiantando il classico binomio Italia-arte, che ‘scende’ in seconda posizione. Il 18,1% degli italiani e il 22,4% degli stranieri si muove infatti per trascorrere una vacanza a contatto con la natura. 
“Il turismo post pandemico lascia più spazio alle piccole eccellenze del territorio, con gite ed escursioni alla scoperta di borghi e aree interne del Paese – spiega Roberto di Vincenzo, presidente Isnart -: un passo importante nell’obiettivo dell’ampliamento della stagione turistica destagionalizzazione e decongestione dei flussi. E le imprese che puntano su servizi di qualità sono premiate da una clientela più fedele”. 
Una ricerca di Isnart-Unioncamere rileva infatti che quasi un turista su 2 torna sul luogo di vacanza, e uno su 10 lo fa per alloggiare nella struttura di fiducia.

Nel 2022 la spesa cresce del +17,4%

Dalle ricerche condotte da Enit e Isnart-Unioncamere si evince quindi un quadro di generale ripresa del settore, che ha prodotto un impatto economico stimato complessivamente in 77 miliardi di euro, grazie alle spese sostenute da oltre 770 milioni di turisti, tra pernotti in strutture ricettive e alloggi in abitazioni private (seconde case, residenze di amici e parenti, appartamenti e camere in affitto). Rispetto al 2021, la crescita è del +16,7% per le presenze e del +17,4% per la spesa.